Mattarella: “Nell’Unione la tutela delle sovranità”

di Sergio Mattarella

(questo è il testo del discorso tenuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Francoforte, il 28 ottobre scorso, in occasione del commiato di Mario Draghi da Presidente della Banca centrale europea)

Signor Presidente Macron, Signora Cancelliera Merkel, Signora Presidente designata della Commissione Europea, Signora Presidente entrante della Banca Centrale Europea, Signore e signori, sono davvero molto lieto di essere anche io qui oggi per ringraziare il Presidente Mario Draghi per il suo straordinario impegno al servizio dell’Europa e per formulare alla Presidente entrante, Christine Lagarde, i migliori auguri ed esprimerle grande fiducia per l’incarico che si appresta a svolgere.

La cerimonia di oggi rappresenta anche un’occasione di riflessione: sono, infatti, trascorsi ormai venti anni dalla nascita della Banca Centrale Europea e il bilancio che ne possiamo trarre è sicuramente positivo.

Mario Draghi ha raccolto il estimone da JeanClaude Trichet, in un momento di grande cambiamento, dopo i primi dieci anni di Unione monetaria caratterizzati da condizioni economiche relativamente stabili con una crescita moderata e costante che la Banca ha favorito e accompagnato.

Un primo decennio nel quale l’Istituzione è riuscita a costruire la sua credibilità intorno all’obiettivo di contenimento dell’inflazione assicurando – coerentemente con l’obiettivo prefissato – che essa si mantenesse intorno al 2%.

Nel 2011 tuttavia, l’impatto della crisi finanziaria imponeva all’Unione, e alla Banca in primo luogo, un “cambio di passo”.

La sfida, infatti, era presto divenuta esistenziale: sconfiggere la percezione della possibilità, se non del rischio, di dissoluzione dello stesso Eurosistema.

Una possibilità e un rischio che oggi possiamo considerare sconfitti.Alla crisi dei debiti sovrani, con i suoi effetti su banche e imprese – e, più di recente, al livello eccessivamente basso dell’inflazione  la Banca ha, infatti, saputo rispondere con strumenti talvolta innovativi; che sono stati più volte ampiamente dibattuti. Rifiutando di configurarsi come un’entità rigidamente limitata da meccanismi predefiniti, quali che siano le situazioni che si presentano, ma dimostrando, rispetto ad esse, intelligenza e capacità di reazione, senza subirne passivamente le conseguenze. Sempre mantenendosi, rigorosamente, nell’ambito del mandato assegnatole.Mai è venuta meno la consapevolezza dei limiti della politica monetaria e, allo stesso tempo, l’invito pressante ad agire attraverso “altre” leve come la politica fiscale e le riforme strutturali. Perché – come il Presidente della Banca ha sovente sottolineato – non è possibile porre sulla politica monetaria un fardello eccessivo. Usciti dalla fase più buia occorreva che l’Unione “mettesse in sicurezza” l’economia europea e, soprattutto, ne accompagnasse il definitivo recupero, sul piano della crescita e del sostegno all’occupazione. Le risposte sono state importanti e molteplici, prendendo atto della necessità di iniziative da parte di tutte le Istituzioni dell’Unione. L’architettura complessiva della moneta unica si è irrobustita, si sono opportunamente rafforzate le regole comuni relative ai bilanci pubblici, si è creato il Meccanismo di Stabilità, si è posto mano al sistema bancario, con la sorveglianza unica, impostando, al contempo, sia il Meccanismo di Risoluzione delle crisi bancarie sia una salvaguardia al livello europeo dei depositi sebbene resti ancora da completare un loro sistema comune di assicurazione. Mario Draghi, in questi otto anni, è stato autorevolmente al servizio di un’Europa più solida e inclusiva, interpretando la difesa della moneta unica come una battaglia da condurre con determinazione contro le forze che ne volevano la dissoluzione. Con coraggio. Un coraggio razionale, perché sempre sostenuto dall’analisi e dagli approfondimenti che venivano dall’Istituzione stessa, dal Consiglio nella sua collegialità; in un contesto che è, per sua natura, caratterizzato da incertezza nelle reazioni dei singoli e dei mercati. Coraggio associato alla capacità di ascoltare il dissenso, le voci critiche ma anche di valorizzare il contributo di chi sa sfidare visioni consolidate.

Oggi possiamo dire che il sistema economico europeo è più solido. L’occupazione è cresciuta ed è mediamente più alta che nel 1999. Il sistema bancario è più compatto. L’integrazione tra le economie, e quindi la convergenza tra gli Stati Membri, è elevata, ma soprattutto – e questo rappresenta uno dei più grandi risultati di questi anni – il sostegno popolare all’Euro è tornato a essere particolarmente alto.

L’incontro di oggi è anche un’occasione per riflettere sullo stato di questo grande cantiere che è l’Europa, e in particolare su ciò che ancora rimane da fare, in particolare per rafforzare l’eurozona. Non possiamo dimenticare che la competizione con le grandi aree economiche del mondo è divenuta fortissima, che la dimensione è – ancor più che in passato – elemento imprescindibile per poter influenzare il corso degli avvenimenti a tutela della nostra società e dei nostri cittadini.

Completare il “cantiere europeo” diviene – nell’attuale contesto – necessità esistenziale se l’Unione intende concretamente divenire “attore globale”. Il 22 febbraio scorso l’Università di Bologna, ha conferito a Mario Draghi la laurea honoris causa. Vorrei ripetere alcune delle parole della sua lectio magistralis: “Nel mondo di oggi le interconnessioni (tecnologiche, finanziarie, commerciali) sono così potenti che solo gli Stati più grandi riescono ad essere indipendenti e sovrani al tempo stesso, e neppure interamente”.

E aggiungeva: “l’Unione Europea è la costruzione istituzionale che in molte aree ha permesso agli Stati membri di essere sovrani. E’ una sovranità condivisa, preferibile a una inesistente”. Vorrei far mie queste affermazioni perché nell’Unione risiede la tutela della sovranità dei paesi europei. La quantità e la qualità dei passaggi e degli interventi necessari per far fronte alla nuova condizione internazionale ha bisogno di un ulteriore e responsabile “cambio di passo”, al quale non può essere estraneo il Parlamento Europeo, espressione dei popoli europei. Dobbiamo, tutti, avere coraggio.Non credo sia stato facile per il Presidente Draghi, nel pieno della crisi, affermare: “ whatever it takes”.Tutto ciò che è necessario, finché è necessario, per il bene dell’Europa e delle generazioni future. È quel che dobbiamo tutti assolutamente fare. Professor Draghi, caro Mario, come cittadino europeo desidero dirle grazie.

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