Europa adulta e vaccinata. Non è vero che ha fallito

La dinamica del negoziato rivela i motivi delle scelte fatte

di Fabio Colasanti

Provo a riassumere quello che sappiamo ad oggi sulla disponibilità di vaccini nell’Unione europea. Mi sembra che la situazione meriti un commento molto diverso da quello che si legge su tanti media. Prima di tutto, non vedo nessuna ragione di definire un fallimento la campagna vaccinale dei paesi dell’Unione europea. La tabellina qui inclusa, che viene dal sito Our World in data 10 marzo, mostra la percentuale della popolazione che ha già ricevuto almeno una dose di vaccino.

I risultati dei paesi dell’Unione europea sono buoni, soprattutto se confrontati con le previsioni di alcuni mesi fa. Tutti gli esperti avevano messo in guardia sul rischio che alcuni vaccini potessero accusare ritardi forti nel loro sviluppo (quello Sanofi non arriverà prima del 2022) e alcune ditte stanno incontrando problemi tecnici nel portare la produzione ai livelli massicci richiesti per un vaccino per l’intera popolazione mondiale.

La tabellina mostra chiaramente che l’Unione europea sta andando meglio della maggioranza del resto del mondo. Sta andando chiaramente meglio di Russia, Cina e India, ma anche meglio del Canada o di altri paesi non inclusi nella tabellina come Giappone e Australia. La Svizzera ha risultati sensibilmente analoghi a quelli degli altri paesi europei.

Chi emerge da questo gruppo sono Israele, Regno Unito e Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti. Ma questi quattro paesi hanno utilizzato metodi che i paesi europei non sono disposti a replicare. Israele ha utilizzato la sua forte organizzazione militare unita alla volontà del primo ministro Benjamin Netanyahu di ottenere con questa campagna un successo che possa compensare alle imminenti elezioni gli scandali che si porta dietro. Israele ha pagato il vaccino Pfizer-BioNTech ad un prezzo praticamente doppio di quello pagato dalla UE, ha utilizzato l’esercito per andare a prendere i vaccini alle fabbriche e ha fatto un accordo con la Pfizer-BT sulla base del quale l’intera vaccinazione della popolazione israeliana è diventata un test su larghissima scala per la ditta. Le nostre regole sulla protezioni dei dati non avrebbero mai permesso una cosa del genere. E, comunque, la popolazione israeliana è solo di poco più di nove milioni di abitanti. Gli Stati Uniti sono invece l’esempio più spinto di una maniera di intervenire nell’economia completamente diversa da quella dei paesi europei. Questo paese partiva già avvantaggiato per il lavoro fatto da alcuni anni attraverso la Barda (Biomedical Advanced Research and Development Authority). Ma in più, all’inizio del 2020, ha creato un’organizzazione ad hoc chiamata Warp Speed a capo della quale ha messo il generale responsabile della logistica dell’esercito americano e un ricercatore di alto livello, Moncef Slaoui, nato in Marocco, cittadino belga e ora anche cittadino americano visto che lavora in quel paese da una ventina di anni. Ha anche affidato inizialmente alla Warp Speed dieci miliardi di dollari.

Il presidente Mattarella il 9 marzo 2021 mentre aspetta di essere vaccinato all’ospedale Spallanzani di Roma

L’organizzazione ha cominciato a lavorare con le ditte produttrici di vaccini senza badare a spese. Le ha aiutate in tutti i campi dove queste potevano avere difficoltà. Ha, per esempio, creato una struttura per cercare, gestire e inoculare le molte decine di migliaia di volontari necessari per i trials. La Warp Speed ha poi discusso con le case farmaceutiche i loro accordi con altre ditte che potessero aiutarle nella produzione di vaccini e nel loro infialamento. È di qualche giorno fa la notizia che Warp Speed ha appena dato un aiuto di un miliardo di dollari alla J&J per aiutarla nell’espandere la produzione del suo vaccino e 270 milioni di dollari per facilitare l’accordo in questo senso tra la J&J e la Merck. Pfizer e Moderna avrebbero ricevuto circa due miliardi di dollari ciascuna per i primi 100 milioni di dosi. La Bloomberg ha recentemente scritto che Warp Speed avrebbe finora speso 18 miliardi di dollari, molto più della cifra inizialmente stanziata. L’Unione europea, prima degli ultimi acquisti del mese di febbraio aveva speso 2.7 miliardi di euro ai quali vanno aggiunte alcune centinaia di milioni di euro di aiuti nazionali (per esempio, i 375 milioni di euro di aiuti tedeschi alla BioNTech). Quindi siamo ad una spesa di circa 15 miliardi di euro per gli Stati Uniti (con una popolazione di 330 milioni di abitanti) contro una spesa di forse 4 miliardi di euro per l’Unione europea (con una popolazione di 450 milioni di abitanti). Gli Stati Uniti hanno quindi speso, per abitante, oltre cinque volte quello che ha speso l’Unione europea. Per di più hanno accompagnato passo passo le case farmaceutiche nei loro piani di sviluppo e produzione. Non hanno quindi avuto le sorprese dell’UE di fronte agli annunci di AstraZeneca e Johnson & Johnson. Il Regno Unito ha beneficiato di un approccio un pochino più dinamico di quello europeo, ma non fondamentalmente diverso, del fatto che come paese autonomo ha potuto prendere delle decisioni sui contratti più rapidamente, del fatto che si è avvalso di una possibilità che ogni altro paese UE avrebbe potuto utilizzare (quella di non attendere l’autorizzazione EMA) e, probabilmente, del fatto che il vaccino AstraZeneca è stato sviluppato dall’Università di Oxford. Nell’Unione europea tutti i paesi, pur potendo fare come il Regno Unito che nel 2020 era ancora di fatto nell’UE, hanno preferito aspettare le valutazioni dell’EMA per non dare armi ai no-vax. Non bisogna comunque dimenticare che le cifre delle vaccinazioni per il Regno Unito sono gonfiate dalla decisione di amministrare solo una dose di vaccino, decisione sulla cui validità ancora non c’è un consenso nel mondo scientifico.

Non conosco i dettagli della maniera con cui gli Emirati Arabi Uniti si possono essere procurati i vaccini sufficienti a vaccinare un’alta quota della loro piccola popolazione (più qualche ricco disposto ad andare a Dubai solo per farsi vaccinare), ma penso che ognuno possa immaginarla. Quindi l’Unione europea è certamente in ritardo, ma solo rispetto a questi quattro paesi.

Ma avremmo potuto rinunciare agli acquisti comuni ? Riflettiamo un attimo a cosa sarebbe successo se i 27 paesi si fossero messi a negoziare singolarmente con le case farmaceutiche. Ognuno può facilmente immaginare le enormi tensioni e accuse reciproche che questo avrebbe creato. Mettere d’accordo i 27 paesi non è stato facile. L’Unione europea aveva già creato nel 2014 lo strumento giuridico che ha permesso gli acquisti congiunti (Emergency Support Instrument, ESI). Ma nonostante questo esistesse già, lanciare i negoziati ha preso tempo. Questi sono stati guidati dalla Commissione europea accompagnata da sette rappresentanti nazionali (per l’Italia, il dottor Ruocco). Questo gruppo di negoziatori ha fatto regolarmente rapporto (ogni venerdì alle 12.00) ad un gruppo dei rappresentanti dei 27 paesi membri). Il direttore della Repubblica, Maurizio Molinari, ha affermato il nove marzo che l’Unione europea avrebbe commesso l’errore di non inserire delle clausole vincolanti per le consegne.

Come si può pensare che nessuna di queste persone abbia mai sollevato la desiderabilità di clausole più precise e con carattere obbligatorio per le consegne ? Più di trenta persone hanno discusso ogni riga dei contratti (ognuna di loro assistita dai propri esperti) e nessuno avrebbe avuto l’idea di introdurre queste clausole ? La realtà è che l’estate scorsa, quando i contratti sono stati negoziati e firmati, si stava discutendo di vaccini che erano ancora solo delle speranze, di medicinali che nessuno aveva ancora mai prodotto in quella forma specifica e, soprattutto, non su una scala talmente massiccia da superare ampiamente quello che si fa per tutte le altre medicine. I problemi di produzione possono poi essere più grossi per i vaccini di tipo “tradizionale”. Semplificando molto, i vaccini del tipo “mRNA, (Pfizer-BT e Moderna) sono prodotti in una maniera simile alla sintesi chimica tradizionale. I vaccini “tradizionali” , quelli che si basano sull’inoculazione di una forma attenuata del virus, dipendono per la loro produzione da processi naturali di sviluppo che non possono essere influenzati in maniera semplice.

Per di più, i contratti UE – e, come spiegato, questo è un problema legato al fatto che l’UE non è uno stato nazionale – sono stati firmati dopo i contratti americani e britannici. Questi contratti avevano di fatto definito il formato dei contratti possibili. Non si ha notizie di clausole di questo tipo nei contratti sottoscritti da USA e UK. I contratti firmati dall’Unione europea possono avere delle pecche, ma non certo questa. Ma il problema fondamentale non era quello di avere clausole rigide che prevedessero delle penalità.

Quello che bisognava fare era assicurarsi che i ritardi non ci fossero attraverso delle forme di collaborazione e discussione con le imprese. Quello che il governo italiano e l’Unione europea stanno facendo oggi è giustissimo. Bisogna incoraggiare e aiutare le imprese ad aumentare le loro capacità di produzione dei vaccini e del loro infialamento. Ma questo andava fatto a settembre scorso, subito dopo la firma dei contratti. Altra critica da Maurizio Molinari è che l’unione europea avrebbe dovuto puntare su solo due o tre vaccini. Ma anche questa critica è incomprensibile. E se avessimo puntato tutto sui vaccini CureVac e Sanofi ? L’Unione europea ha fissato dei margini : che ogni paese preordinasse un totale di dosi del contratto quadro proporzionale alla sua popolazione, e più che doppio di questa stessa. Un obiettivo raggiunto e non sufficientemente riconosciuto. All’interno di questi margini, il nostro paese ha preferito puntare su vaccini “tradizionali” (i più grossi quantitativi preordinati sono andati alla J&J, AstraZeneca e Sanofi). Se l’Unione europea si fosse orientata su unicamente due o tre vaccini, il nostro paese si sarebbe battuto per puntare su questi tre vaccini e ogni altro paese ne avrebbe proposti altri. No, la realtà è che nell’incertezza che esisteva, l’Unione europea ha fatto benissimo a puntare su vari vaccini. L’operazione Warp Speed americana ha inizialmente puntato su dieci vaccini, ma poi nel corso dello sviluppo hanno concentrato le risorse su quelli più promettenti. Ma l’operazione Warp Speed americana ha operato con margini di discrezionalità che nessun paese europeo tollererebbe per i propri interventi nell’economia.

Le previsioni sono che nel secondo trimestre avremo un aumento sensibile delle dosi di vaccino, ma non tale da non frenare la capacità di inoculazione dei paesi meglio organizzati. Solo nell’estate cominceremo ad avere forniture di vaccino che non creino nessun ostacolo all’aumento del numero di dosi somministrate giornalmente. Nel 2022 potremmo avere sul mercato dieci o venti vaccini validi (attualmente ci sono un centinaio circa di progetti in corso di cui un paio italiani). E i vaccini più attraenti potrebbero non essere gli stessi di oggi. Se le cose andranno cosi, nei prossimi sei/sette mesi noi staremo ben meglio del resto del mondo. Saremo in una situazione molto migliore di quella prevedibile un anno fa. Ma saremo certamente ancora indietro a Stati Uniti, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e Israele. Ma è inutile fare dei paragoni con questi paesi se non siamo disposti a fare quello che loro hanno fatto in termini di cooperazione con le imprese, di cifre messe sul tavolo e di discrezionalità concessa a chi le amministra.

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