Recovery plan, conto alla rovescia per Bruxelles

di Antonella Blanc

Il termine ultimo concesso all’Italia per inviare a Bruxelles il “Recovery plan” che è stato approvato dal Consiglio dei ministri del 12 gennaio scorso, è di appena un altro mese: il 15 febbraio. Nel frattempo, Palazzo Chigi è finito nel centro della tempesta scatenata da Matteo Renzi, l’ex premier ed ex segretario del Pd, che ha fondato Italia viva, raccogliendo attorno a sé una cinquantina di parlamentari eletti nelle liste del Partito democratico. Secondo i sondaggi Italia viva non va oltre il 3% dei consensi, ma come rappresentanza in Parlamento è condizionante in un governo di centro-sinistra.

Per andare incontro alle esigenze di Renzi, poco comprese forse dai cittadini, ma nella circostanza invece puntuali (troppo dispersivo il progetto precedente per i fondi europei, che è stato appunto almeno nelle intenzioni perfezionato), il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha ricalibrato gli obbiettivi e ripresentato un Piano che ha avuto il via libera dell’esecutivo nonostante l’astensione delle due ministre confluite in Italia viva (Bellanova e Bonetti). Crescono i soldi investiti per la sanità (era uno delle richieste ricorrenti di Renzi in tutti i talk show in cui lui e i suoi di “Italia Viva” hanno partecipato) fino a venti miliardi di euro. Sei miliardi per l’energia verde, 16,7 miliardi per il diritto allo studio. Il cosiddetto Recovery plan sale dai 209 miliardi stanziati dalla Commissione europea ai 232 approvati dal governo italiano (13 miliardi sono i fondi alla voce emergenze, che si aggiungono agli investimenti del Recovery fund). In totale, con gli ottanta miliardi già programmati fino al 2026 dal bilancio nazionale, si va a una “potenza di fuoco” si oltre 310 miliardi. Ci sono tre miliardi per la telemedicina, si sale a 12,8 miliardi per innovazione, ricerca e digitalizzazione, almeno triplicando lo stanziamento precedente.

E il resto dell’Europa come si è comportato? Generalmente in modo meno conflittuale che in Italia, dove la crisi politica morde in modo inaspettato in un periodo durante in quale sembra immaginabile chiedere agli italiani di tornare al voto. Non solo per l’avvicinarsi – ad agosto – del “semestre bianco” che precede il rinnovo della carica di Presidente della Repubblica; non solo perché restare senza governo quando c’è da presentare un piano così delicato in Europa non sembra decisamente una scelta saggia; e poi anche perché convocare le elezioni quando tutti i giorni si invitano i cittadini a restare il più possibile in casa, è perlomeno autolesionista.

La Germania ha presentato un piano di 49 pagine. Molte? Sono meno di un terzo delle pagine del piano italiano (172). È imperniato su tre punti prevalenti: mobilità rispettosa del clima, rafforzamento del Sistema sanitario, modernizzazione della pubblica amministrazione. Lo stanziamento è di 29,3 miliardi di euro. Per la mobilità si interviene su ferrovie e sulla navigazione, mentre per il trasporto su gomma il percorso è in direzione delle energie alternative, prima fra tutte la mobilità di vetture elettriche. La Francia invece è più prolissa dell’Italia. Il “France Relance”, supera le 290 pagine, ed è il piano più lungo in assoluto tra quelli messi a punto dai 27 Stati membri dell’Unione. Parigi e l’area metropolitana della Capitale da sole sono destinatarie di investimenti per cento miliardi di euro. L’indirizzo è “green”: idrogeno, riciclo, ristrutturazione termica nell’edilizia, bio-carburanti, nucleare pulito, digitalizzazione.

Espana Puede”, la Spagna può, è il piano – in 55 pagine – di Madrid. Il rilancio è in dieci riforme strutturali (musica per le orecchie di Bruxelles) in chiave, anche qui, “verde”. Alla Spagna sono destinati 152 miliardi di euro, di cui poco meno della metà in sovvenzioni, il resto in prestiti. Educazione e formazione è il primo ambito destinatario delle riforme, davanti a digilitalizzazione e all’aiuto al turismo, settore dove Madrid era leader, ma che è stato messo in ginocchio dalla pandemia.

Meno soldi – in proporzione – per la Grecia, che non vuole però restare indietro. Il tesoretto di 32 miliardi di euro che gli ha riservato l’Europa sarà destinato al digitale e ai progetti “verdi”, come gli investimenti sull’energia alternativa. Tra gli obbiettivi presentati, l’introduzione della nuova rete 5G.

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