Macron, “Legion d’Onore” ad Al Sisi

di Linda Lose

Aveva ricevuto qualche settimana fa un’analoga onorificenza dalla Grecia, ma senza rumore. E forse anche l’Eliseo pensava di insignire il suo alleato africano contro la Turchia, ma soprattutto il suo eccellente “cliente” dell’industria francese (armi, ma anche la nuova metro al Cairo), senza che la cosa avesse un’eco, che avrebbe rischiato (com’è successo) di essere imbarazzante. Abdel Fattah al Sisi è un generale dell’esercito diventato sette anni fa Presidente dell’Egitto dopo un colpo di Stato da lui stesso guidato. Rovesciò e fece arrestare un presidente eletto democraticamente, Mohamed Morsi, rappresentante di quella Fratellanza musulmana che – con al Sisi al potere – fu messa fuori legge. Si calcola ora che siano circa sessantamila i cittadini incarcerati in Egitto per le loro idee politiche. Tra questi Patrick Zaki, giovane egiziano che studia in Italia, a Bologna, e che appena rientrato nel suo Paese per una vacanza è stato arrestato senza apparenti motivi. Si è parlato di commenti a lui attribuiti su Facebook. È in carcere dal 7 febbraio, la sua detenzione è stata rinnovata in questi giorni. Senza un processo.

Ma almeno Zaki è ancora vivo. Quasi cinque anni fa morì dopo essere stato torturato Giulio Regeni, uno studente che era in Egitto come ricercatore, e che avrebbe avuto la sola “colpa” di aver conosciuto dei sindacalisti. In Italia proprio in questi giorni è stato richiesto il rinvio a giudizio di quattro agenti dei servizi segreti egiziani, compreso un generale. Sono accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso Regeni. Se saranno processati, lo saranno certamente in contumacia. Dal Cairo dicono che non ci sono prove sufficienti. Ci sono forti polemiche in Italia, da anni, su come i governi che si sono succeduti hanno seguito il caso di Giulio Regeni. Senza risultati, sembrerebbe.

Anche se una qualche collaborazione con la magistratura egiziana, almeno per la raccolta delle prove, sembra ci sia stata, tanto da portare alla richiesta di rinvio a giudizio. Roma ha interessi economici importanti con Il Cairo (la Francia ancora di più) e questo è sempre stato un buon motivo per non rompere le relazioni diplomatiche. Il Caso Regeni ha avuto grande rilievo in Italia, ma ricorda il pm Armando Spataro in un’intervista al Corriere della Sera, che prima di questo delitto un francese fu ucciso in un commissariato egiziano senza che Parigi facesse alcunché. Il 7 dicembre il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto il suo omologo egiziano Al Sisi per una visita di Stato.

Ricevuto con tutti gli onori, anzi proprio con la consegna della Gran Croce della Legion d’Onore, l’onorificenza inventata da Napoleone, ora massima onoreficenza della Repubblica. L’Eliseo avrebbe nascosto la cosa, e questo imbarazzo è un’ammissione di vergogna. “Per la prima volta siamo dovuti andare sul sito internet di un regime autoritario per sapere quello che succede all’Eliseo”, ha commentato il giornalista Yann Barthes, ospite in una trasmissione tv. Ovviamente in Egitto è stato dato grande rilievo al riconoscimento al suo presidente, e quindi rendendo accessibili immagini e notizie sull’onorificenza acquisita.

Parigi replica che è sempre avvenuto così, nelle visite di Stato. La consegna della Legion d’Onore è parte del protocollo. Vero o no, ci si chiede come possa essere opportuno omaggiare così il presidente di un regime tanto controverso. Lo scrittore e giornalista Corrado Augias, che aveva ricevuto negli anni passati la stessa onorificenza, l’ha riconsegnata lunedì 14 dicembre all’Ambasciata francese a Roma. In una lettera, ha spiegato che c’è un limite anche ai doveri pretesi dalla diplomazia: “I rapporti tra Stati (come ogni rapporto politico) – scrive infatti Augias – sono regolati dal calcolo, certo non dalla generosità né dall’amicizia, nemmeno dai legami secolari che pure esistono tra Italia e Francia. Però c’è un limite che non dovrebbe essere superato”. Macron sostiene di aver parlato “come si fa tra amici” anche di diritti umani, con Al Sisi, ma senza che questo condizioni la “cooperazione” sui ricchi interessi condivisi.

Aveva ricevuto qualche settimana fa un’analoga onorificenza dalla Grecia, ma senza rumore. E forse anche l’Eliseo pensava di insignire il suo alleato africano contro la Turchia, ma soprattutto il suo eccellente “cliente” dell’industria francese (armi, ma anche la nuova metro al Cairo), senza che la cosa avesse un’eco, che avrebbe rischiato (com’è successo) di essere imbarazzante. Abdel Fattah al Sisi è un generale dell’esercito diventato sette anni fa Presidente dell’Egitto dopo un colpo di Stato da lui stesso guidato. Rovesciò e fece arrestare un presidente eletto democraticamente, Mohamed Morsi, rappresentante di quella Fratellanza musulmana che – con al Sisi al potere – fu messa fuori legge. Si calcola ora che siano circa sessantamila i cittadini incarcerati in Egitto per le loro idee politiche. Tra questi Patrick Zaki, giovane egiziano che studia in Italia, a Bologna, e che appena rientrato nel suo Paese per una vacanza è stato arrestato senza apparenti motivi. Si è parlato di commenti a lui attribuiti su Facebook. È in carcere dal 7 febbraio, la sua detenzione è stata rinnovata in questi giorni. Senza un processo. Ma almeno Zaki è ancora vivo. Quasi cinque anni fa morì dopo essere stato torturato Giulio Regeni, uno studente che era in Egitto come ricercatore, e che avrebbe avuto la sola “colpa” di aver conosciuto dei sindacalisti. In Italia proprio in questi giorni è stato richiesto il rinvio a giudizio di quattro agenti dei servizi segreti egiziani, compreso un generale. Sono accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso Regeni. Se saranno processati, lo saranno certamente in contumacia. Dal Cairo dicono che non ci sono prove sufficienti. Ci sono forti polemiche in Italia, da anni, su come i governi che si sono succeduti hanno seguito il caso di Giulio Regeni. Senza risultati, sembrerebbe.
Anche se una qualche collaborazione con la magistratura egiziana, almeno per la raccolta delle prove, sembra ci sia stata, tanto da portare alla richiesta di rinvio a giudizio. Roma ha interessi economici importanti con Il Cairo (la Francia ancora di più) e questo è sempre stato un buon motivo per non rompere le relazioni diplomatiche. Il Caso Regeni ha avuto grande rilievo in Italia, ma ricorda il pm Armando Spataro in un’intervista al Corriere della Sera, che prima di questo delitto un francese fu ucciso in un commissariato egiziano senza che Parigi facesse alcunché. Il 7 dicembre il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto il suo omologo egiziano Al Sisi per una visita di Stato.

Ricevuto con tutti gli onori, anzi proprio con la consegna della Gran Croce della Legion d’Onore, l’onorificenza inventata da Napoleone, ora massima onorificenza della Repubblica. L’Eliseo avrebbe nascosto la cosa, e questo imbarazzo è un’ammissione di vergogna. “Per la prima volta siamo dovuti andare sul sito internet di un regime autoritario per sapere quello che succede all’Eliseo”, ha commentato il giornalista Yann Barthes, ospite in una trasmissione tv. Ovviamente in Egitto è stato dato grande rilievo al riconoscimento al suo presidente, e quindi rendendo accessibili immagini e notizie sull’onorificenza acquisita.

Parigi replica che è sempre avvenuto così, nelle visite di Stato. La consegna della Legion d’Onore è parte del protocollo. Vero o no, ci si chiede come possa essere opportuno omaggiare così il presidente di un regime tanto controverso. Lo scrittore e giornalista Corrado Augias, che aveva ricevuto negli anni passati la stessa onorificenza, l’ha riconsegnata lunedì 14 dicembre all’Ambasciata francese a Roma. In una lettera, ha spiegato che c’è un limite anche ai doveri pretesi dalla diplomazia: “I rapporti tra Stati (come ogni rapporto politico) – scrive infatti Augias – sono regolati dal calcolo, certo non dalla generosità né dall’amicizia, nemmeno dai legami secolari che pure esistono tra Italia e Francia. Però c’è un limite che non dovrebbe essere superato”. Macron sostiene di aver parlato “come si fa tra amici” anche di diritti umani, con Al Sisi, ma senza che questo condizioni la “cooperazione” sui ricchi interessi condivisi.

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