Un nome nuovo bussa alla Ue: la Macedonia del Nord

Lo Stato ex jugoslavo si accorda con la Grecia, che toglie il veto

di Carlotta Speranza

Diventato Stato da 27 anni, si sentiva pronta ad entrare nell’Unione europea, ma non poteva. Il motivo? Il nome. Perché se c’è uno Stato nuovo ci vuole un nome che ora – dopo 27 anni – finalmente c’è. Si chiamerà “Repubblica della Macedonia del Nord”, capitale Skopje, poco più di due milioni di abitanti. Un brandello dell’Ex Jugoslavia che non riusciva a farsi chiamare “Macedonia” perché la Grecia, che ha una regione con lo stesso nome, aveva posto il veto – proprio per la scelta del nome – a un suo ingresso nell’Unione europea e nella Nato. Perché il veto? Per spiegarlo in due parole, il greco più famoso nella storia è Alessandro Magno, che però è chiamato anche Alessandro il macedone.

In questa lunga anticamera di tanti anni, la Macedonia (chiamata così nel mondo, per praticità, e questo sarà a maggior ragione anche adesso) subì il nome internazionale, non certo immediato, di Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. Il primo ministro greco, Alexis Tsipras, proprio nei giorni in cui Atene viene liberata dalla morsa della “Troika” (il commissariamento europeo per assestare il bilancio) ha accettato il compromesso sul nome, con il consenso del suo omologo macedone Zoran Zaev – perché anche a Skopje si voleva qualcosa di più – ed ecco che domenica 17 giugno si firma l’intesa. Il luogo scelto è Psadiris, lungo le rive del lago Prespa, proprio al confine dei due Paesi. Psadiris è in Grecia, ma è luogo amato anche dai macedoni (del nord) perché qui cominciò la lotta partigiana al nazifascismo, durante la Seconda guerra mondiale.

Lunga anticamera, che non si è ancora conclusa. Ma dovrebbe irrompere un colpo di scena per cambiare il corso di questa storia. Ci vuole la ratifica dei due Parlamenti, e nella neonata “Macedonia del Nord” anche un referendum vincolante. Naturalmente, l’intesa è stata accompagnata da tante dichiarazioni di speranza, auguri, buone intenzioni. I due Paesi sono diventati improvvisamente amici. “Siamo qui per sanare le ferite del tempo, per aprire un cammino di pace per i nostri paesi, i Balcani e l’Europa” ha commentato Tsipras. Già, i Balcani. Gli altri confini della Macedonia del Nord, mai indipendente fino al 1991, sono Bulgaria, Albania, Kosovo, Serbia. E la regione della Macedonia, che è stata provincia bizantina e poi ottomana, geograficamente comprende un pezzo di tutti e quattro i Paesi confinanti, quello più significativo è in Grecia. E in Grecia – già nei giorni precedenti l’intesa del lago Prespa – la protesta è scesa in piazza, con cortei e manifestazioni, in decine di città. Proteste nazionaliste ci sono state anche in Macedonia, e – proprio la domenica dell’accordo – ci sono stati disordini ai confini con alcuni feriti.  In Parlamento, ad Atene, è stata proposta una mozione di sfiducia a Tsipras, che si è salvato per appena quattro voti.

Ad aleggiare in questa regione c’è poi l’aquila simbolo della grande Albania. Una storia di rivendicazioni e ambizioni territoriali che improvvisamente e inaspettatamente è andata in scena ai Mondiali di calcio. La partita era Serbia-Svizzera nei gironi di qualificazione. Ha vinto la Svizzera 2 a 1, e a segnare le due reti per i rossocrociati sono stati Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri, due elvetici di origine kosovara (figli d’immigrati, nomi e cognomi lasciano pochi dubbi). Entrambi, nell’esultare per il gol, hanno corso con le braccia incrociate e le mani che vibravano come ali d’aquila. Appunto, l’omaggio alla grande Albania, in segno di rivalità con l’avversario serbo.

Naturalmente, non è tutto qui e l’accordo nasconde qualcosa di non detto. Ad esempio, la pressione diplomatica della Casa Bianca, che deve aver fatto qualche generosa promessa alla Grecia che si accollerà, presto, una base Nato strategica. C’è da trasferire un’importante base della Turchia, non più affidabile come un tempo. Lo scenario, di questi tempi, è sempre globale.

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