GUIDA ALLE ELEZIONI


Sei domande
a 6 eurocandidati

LEGA–Salvini Premier

Paolo Borchia

MoVimento 5 STELLE

Tiziana Beghin

1) In questi cinque anni, secondo lei cosa avrebbe dovuto fare il parlamento europeo e non ha fatto?
1) Avrebbe dovuto respingere una lunga serie di proposte legislative della Commissione all’insegna di un’eccessiva integrazione. In generale, avrebbe dovuto fare in modo che le nuove proposte di direttiva fossero riportate in linea con la lettera dei Trattati, in particolare il principio di sussidiarietà e proporzionalità: fissare genericamente un obiettivo o uno standard minimo e lasciare agli Stati membri la più ampia libertà di mezzi per raggiungerlo. Al contrario, ha operato per renderle ancora più dettagliate e stringenti. Risultato: più dirigismo tecnocratico, meno libertà, più burocrazia, più costi. 1) In questi anni abbiamo registrato grandi vittorie per l’Italia e per tutti i cittadini europei, ma purtroppo si è persa anche qualche grande occasione. Penso alla riforma del regolamento di Dublino che era stata presentata da molti europarlamentari soprattutto quelli del Partito Democratico come la soluzione definitiva al problema dell’immigrazione ma che alla fine si è rivelata una finta riforma. La solidarietà è di facciata e l’Italia viene lasciata ancora una volta sola ad affrontare il problema. Una seconda grande occasione persa è stata la riforma del Made In. L’obiettivo del regolamento era quello di difendere le produzioni di eccellenza, rendendo obbligatoria l’informazione in etichetta. Nel 2014 durante la presidenza italiana, Matteo Renzi ha sprecato la nostra unica possibilità di far avanzare questo regolamento. Noi del Movimento 5 Stelle abbiamo proposto molti emendamenti in questa direzione negli ultimi cinque anni, ma è ovvio che il lavoro di un governo durante il proprio semestre di Presidenza abbia un peso maggiore.
2) Cosa invece ha realizzato di positivo il parlamento?
2) L’abolizione del roaming ha portato vantaggi ad una minoranza, ma sembra un risultato riduttivo. 2) Per fortuna ci sono state anche molte vittorie di cui, personalmente, sono molto fiera perché in molti casi hanno visto il Movimento 5 Stelle in prima fila. Grazie ai nostri emendamenti e al nostro lavoro, ad esempio, abbiamo difeso le produzioni agricole italiane, abbiamo aumentato i fondi per il programma Erasmus, abbiamo allentato le severissime norme sul credito bancario, facilitando il finanziamento delle piccole e medie imprese. Abbiamo, inoltre, contribuito ad aumentare l’efficienza energetica dei prodotti, e abbiamo sostenuto accordi commerciali vantaggiosi per il nostro Paese come quello con il Giappone, che porteranno posti di lavoro e faciliteranno le esportazioni del Made in Italy. La delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo si è fatta valere, siamo stati relatori su dossier importanti cercando ogni volta di migliorare le proposte legislative della Commissione e di dare il nostro contributo per i cittadini europei
3) Secondo lei il parlamento europeo funziona bene così com’è oppure sarebbe necessaria una riforma che ne aumenti i poteri?
3) Questo è un simulacro di parlamento, dove i dibattiti sono poco più che simbolici, mentre l’iter legislativo è carsico: dopo una fugace apparizione in commissione parlamentare, il provvedimento si immerge per mesi, se non anni, nel segreto delle discussioni riservate tra i relatori dei gruppi politici e i lobbisti e dei “triloghi” tra Parlamento, Consiglio e Commissione, per poi riemergere a cose fatte: un testo preconfezionato e blindato che l’aula di Strasburgo dovrà prendere o lasciare. E, tranne rarissime eccezioni, “prende” a scatola chiusa. Per renderlo più simile a un parlamento come comunemente lo concepiamo, dovrebbe essergli attribuito il potere d’iniziativa legislativa, se non altro parziale. Mi riferisco al potere di modificare o abrogare una legge europea vigente senza dover attendere che la Commissione, di grazia, presenti una proposta legislativa in tal senso. 3) L’attuale assetto istituzionale penalizza il Parlamento rispetto alle altre Istituzioni. Quello europeo è l’unico Parlamento al mondo a non avere il potere di iniziativa legislativa e questo è un vulnus non da poco perché è l’unica Istituzione eletta direttamente dai cittadini europei. Noi crediamo che le prerogative del Parlamento europeo vadano allargate. Gli europarlamentari devono avere il potere di iniziativa legislativa ed è necessario istituire un vero e proprio sistema bicamerale con Parlamento e Consiglio che, dotati degli stessi poteri, siano sullo stesso piano. Le vittorie che ho elencato sono il risultato di un lento e costante lavoro nelle Commissioni, ma è molto difficile essere incisivi con un Parlamento depotenziato.
4) L’Italia conta poco o molto in Europa?
4) L’UE è concepita dai Trattati a immagine e somiglianza del modello socio-economico tedesco, di matrice ordoliberale e mercantilista, l’economia sociale di mercato fortemente competitiva. La Germania si fa forte dell’appoggio di un gruppo di Stati membri satellite e, quando le è necessario, sfrutta la sciocca accondiscendenza della Francia, alla quale, in cambio, viene concesso un certo laissez-faire per quanto riguarda i vincoli di bilancio e di conservare l’atteggiamento da grandeur. 4) L’Italia conta molto meno di quello che dovrebbe. Il governo Conte sta faticosamente cercando di rimediare a questo problema. Le cause sono molteplici: molti anni di governi poco rappresentativi del popolo, ma anche molto poco credibili, come i governi Berlusconi, hanno contribuito a deteriorare l’immagine dell’Italia. La situazione non è migliorata con Renzi, che ha badato più alla forma che alla sostanza. Ne è un esempio la nomina della Commissaria Federica Mogherini ad Alto rappresentante per la politica estera, un ruolo prestigioso ma che di fatto incide molto poco nella vita di ogni giorno. Noi punteremo ad un altro tipo di portafoglio, come quello per l’agricoltura o l’industria.
5) Quale è stato il suo contributo all’Europa e all’Italia in questi anni?
5) Da funzionario del Parlamento Europeo ho cercato di declinare le proposte legislative della Commissione in maniera più efficace possibile per l’Italia, specialmente sul futuro quadro finanziario pluriennale. 5) Personalmente mi sono occupata di commercio internazionale e sono molto fiera di alcuni risultati ottenuti. Uno fra tutti è il regolamento sui minerali dai Paesi in guerra. Si tratta di quelle famose terre rare utilizzate nella componentistica elettronica, primo fra tutti la produzione di smartphone, ma che provengono da Paesi in guerra dove vengono estratti anche tramite lavoro forzato e minorile. Uno dei miei principali contributi è stato approvare un regolamento che vieta il commercio di questi minerali insanguinatie. Un altro risultato di cui vado molto fiera è la risoluzione del Parlamento europeo sulla politica doganale, il primo testo europeo a riconoscere che i controlli doganali sono molto differenti all’interno dell’Unione e penalizzano, in molti casi, proprio i Paesi del Sud Europa come l’Italia.
6) Il parlamento ha votato la riforma del Trattato di Dublino, che affronta il problema dei migranti, ma questa riforma non è operativa. Come giudica la riforma, e come mai c’è questa impasse?
6) Il Parlamento ha proposto di superare il principio del paese di primo arrivo introducendo un meccanismo obbligatorio e automatico di distribuzione dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri, gestito a livello centralizzato dalla Commissione. Ha adottato questa posizione ideologica pur sapendo che non troverà mai l’appoggio del Consiglio (ossia dei governi degli Stati membri): ciò ha causato lo stallo. La redistribuzione automatica degli immigrati è un falso vantaggio per l’Italia, perché, come ribadito dal nostro Governo, si tradurrebbe in un potente fattore di attrazione di nuova immigrazione clandestina. Verosimilmente, sarà più facile aggirare il principio del paese di primo arrivo incrementando la protezione delle frontiere esterne: come sta dimostrando il nostro Governo, se il numero degli sbarchi viene di fatto azzerato, il problema della redistribuzione di fatto non si pone più. 6) Siamo stati i primi a denunciare il Regolamento di Dublino che ha trasformato l’Italia nel Paese colabrodo d’Europa. Dopo le nostre denunce il Parlamento europeo ha adottato un testo votato dai soliti Pd e Forza Italia che prevede che tutti i migranti economici debbano restare in Italia. Insomma per l’Italia non cambia nulla. Oggi il testo è in un binario morto perché in Consiglio c’è stato il secco no dei vari Orban che dimostrano ogni giorno di non essere amici dell’Italia. Durante la prossima legislatura europea lotteremo per una riforma vera e non ipocrita Vogliamo ricollocamenti veri ed automatici. I confini italiani sono i confini d’Europa.
FORZA ITALIA

Alessandra Mussolini

PD – Siamo europei

Beatrice Covassi

1) In questi cinque anni, secondo lei cosa avrebbe dovuto fare il parlamento europeo e non ha fatto?
1) Trovo che il Parlamento europeo si sarebbe dovuto spendere con maggiore determinazione a difesa delle migliaia di lavoratori europei in procinto di perdere il proprio impiego, a causa della delocalizzazione delle aziende verso Stati membri che adottano politiche fiscali e del lavoro, quanto competitive, tanto sleali. Sebbene i poteri del Parlamento europeo siano limitati in questo settore, mi sarei aspettata un maggiore impegno. Ricordo, in proposito, quanto sia stata dura per me ottenere l’inserimento, all’interno di una mozione di risoluzione, di un breve paragrafo a sostegno dei lavoratori dell’Embraco, uno stabilimento nei pressi di Torino, spostato in pochi mesi in Slovacchia, uno Stato il cui fisco attrae notoriamente imprese straniere. Mi auguro che la prossima assemblea comunitaria sollevi l’importanza del dossier sul “dumping sociale”, un fenomeno che affonda le proprie radici nella mancata armonizzazione fiscale a livello europeo, uno dei maggiori ostacoli, ai miei occhi, ad una vera Unione. 1) Forse tante cose, ma voglio elencarne soltanto tre che erano davvero possibili e che avrebbero anche lanciato un segnale verso chi, tra qualche giorno, tornerà a votare: il Parlamento avrebbe dovuto insistere per il regolamento comune sulle lobby, avrebbe dovuto fare pressione maggiore sui governi per abolire la doppia sede e, per finire, arrivare a permettere le liste transnazionali per queste Europee 2019
2) Cosa invece ha realizzato di positivo il parlamento?
2) Durante questa legislatura il Parlamento europeo ha ottenuto diversi risultati positivi per la vita dei nostri cittadini. Mi viene in mente più di un esempio: l’abolizione delle tariffe di roaming, le misure antiterrorismo, il rafforzamento dello scambio di informazioni tra autorità di polizia e giudiziarie, misure più stringenti a difesa dell’ambiente, norme a tutela degli agricoltori contro le pratiche sleali lungo la filiera alimentare, soltanto per citarne alcuni 2) I grandi pacchetti legislativi di riforma: dalla protezione dati al più recente copyright, alle liberalizzazioni nel campo dell’energia. Dossier che erano bloccati da anni e dove finalmente si è trovato un accordo per andare avanti in una visione sostenibile e che valorizza lo stile di vita europeo
3) Secondo lei il parlamento europeo funziona bene così com’è oppure sarebbe necessaria una riforma che ne aumenti i poteri?
3) Trovo sia atipico che l’unica istituzione comunitaria eletta direttamente dai cittadini non goda del potere di iniziativa legislativa. Allo stato attuale è la Commissione europea a beneficiare, monopolisticamente, di questa prerogativa. Il mio auspicio, inoltre, è che nei prossimi anni possa essere potenziata l’azione del Parlamento in materia di azione esterna dell’Unione e che esso acquisisca un ruolo realmente paritario con il Consiglio dell’Unione per la definizione del bilancio 3) All’inizio il parlamento era un organo consultivo, ma i suoi poteri sono aumentati con il procedere dell’integrazione. A differenza dei parlamenti nazionali, però, non ha l’iniziativa legislativa, che spetta alla Commissione europea. Io penso invece che dovrebbe avere potere di iniziativa legislativa e anche di approvare alcuni provvedimenti in urgenza
4) L’Italia conta poco o molto in Europa?
4) In Europa conta chi è presente e chi lavora duramente. La narrativa del “non contiamo in Europa”, viene spesso sfruttata opportunisticamente da parte degli stessi ministri che, disertando le riunioni ufficiali, lasciano ad altri le decisioni importanti. Il fatto che la partita per l’ultima elezione del Presidente del Parlamento europeo sia stata giocata tra due italiani dimostra che il rispetto, se vogliamo, sappiamo conquistarcelo sul campo. Non dimentichiamo che restiamo uno dei sei paesi fondatori dell’Unione europea. 4) L’ Italia conta, è uno dei Paesi fondatori, ma potrebbe contare di più prendendo un ruolo chiave nel Mediterraneo, costruendo alleanze e non mettendo in crisi rapporti consolidati, capendo che a Bruxelles bisogna essere presenti ai tavoli giusti con le persone giuste e competenti. Il Parlamento UE, le donne e gli uomini che arriveranno lì, saranno fondamentali per far contare l’Italia e gli italiani che, ricordo, si sono innamorati del sogno europeo.
5) Quale è stato il suo contributo all’Europa e all’Italia in questi anni?
5) Lotta al terrorismo, gestione del fenomeno migratorio, parità di retribuzione tra i sessi, contrasto alla criminalità organizzata. Questi sono solo alcuni dei temi di cui mi sono occupata durante i cinque anni di legislatura appena trascorsi. Ho lavorato tenendo sempre a mente il motivo della mia presenza al Parlamento europeo: difendere a spada tratta gli interessi dei cittadini italiani. 5) Nel ruolo che ho ricoperto con onore e orgoglio fino a qualche giorno fa ho cercato di trasmettere un’Europa dal volto umano, vicina ai territori e ai cittadini. Per questo ho viaggiato l’Italia in lungo e in largo: sono stata in comuni grandi e piccoli, nella Locride e a Riace, tra i sindaci delle Madonie, a Senigallia e Ostra Vetere, a Bassiano e a Poppi nella mia Toscana. Sono tornata spesso nelle regioni colpite dal terremoto, da Arquata del Tronto a Norcia ad Amatrice con i giovani del corpo europeo di solidarietà ed esperti di euro-progettazione per ridare concretamente speranza. In tre anni ho percorso tutta la penisola perché convinta che ripartire dalla gente e dai territori sia l’unico modo per ridare senso all’essere europei, Ho anche voluto portare l’Europa fuori dalle sale di conferenze, negli eventi sportivi come la maratona di Roma e il Giro d’Italia, ma anche nei centri commerciali, nei teatri, nelle tante periferie di queste nostre città. Dove ci sono gli italiani ci deve essere l’Europa.
6) Il parlamento ha votato la riforma del Trattato di Dublino, che affronta il problema dei migranti, ma questa riforma non è operativa. Come giudica la riforma, e come mai c’è questa impasse?
6) Da relatrice per il Gruppo del Partito popolare europeo sul Regolamento di Dublino, ho lavorato in prima persona sulla riforma del provvedimento, che si occupa di stabilire, sulla base di criteri ben definiti, quale Stato membro è competente per una domanda di protezione internazionale. Ritengo che il Parlamento europeo, da par suo, abbia prodotto un testo ambizioso, che declina adeguatamente i concetti di solidarietà e responsabilità, in materia di gestione dei migranti. Abbiamo finalmente cancellato il criterio del “paese di primo ingresso irregolare”, che attribuisce ai paesi di primo approdo, come l’Italia, l’onere di processare la domanda di asilo, sostituendolo con un sistema di ripartizione dei richiedenti asilo obbligatorio. Purtroppo, il lavoro legislativo necessario alla finalizzazione del provvedimento non è mai stato concluso. Il Consiglio, che con il Parlamento europeo condivide il ruolo di colegislatore, non ha mai espresso una propria posizione definitiva sul Regolamento di Dublino. Il dossier è dunque dormiente sui tavoli dei Ministri degli Stati membri. L’egoismo di alcuni Stati ha prevalso, ma temo che l’attuale crisi libica riporterà presto in auge la discussione su questo tema. 6) Su Dublino manca l’accordo politico. Ritengo sia un grave errore perché su altre cinque proposte riguardanti la riforma del diritto d’asilo l’accordo è stato trovato incluso sull’armonizzazione delle condizioni dei rifugiati per evitare la corsa al paese con condizioni migliori e sulla condivisione delle banche dati -. Dublino invece resta uno scoglio perché ci sono paesi e forze politiche che non accettano il principio di solidarietà quando si tratta di persone migranti e di rifugiati. La riforma proposta invece a mio avviso va approvata perché porta un miglioramento rispetto alla situazione attuale che prevede la responsabilità per determinare il diritto all’asilo dello stato europeo di primo approdo. Ricordiamoci che queste regole sono state approvate in un’epoca in cui solo in pochi sbarcavano sulle coste dell’Europa. Adesso sappiamo e non possiamo più ignorare che la migrazione è un fenomeno strutturale che richiede risposte comuni. E abbiamo il dramma della Libia alle porte... Per questo abbiamo bisogno di una leadership europea con idee chiare e capace di trovare soluzioni comuni.
+EUROPA

Paola Testori Coggi

DEFI Belgio

Michele Amedeo

1) In questi cinque anni, secondo lei cosa avrebbe dovuto fare il parlamento europeo e non ha fatto?
1) Il Parlamento Europeo ha usato tutti i suoi poteri per spingere i governi nazionali verso il cammino della costruzione europea ed è stato fino ad oggi è stato uno dei motori dell’integrazione europea: non penso avrebbe potuto fare molto di più. Purtroppo con la crisi economica dell’ultimo decennio questa Europa ha abbandonato lo spirito comunitario che era la sua base fondante e si è assoggettata agli interessi dei singoli paesi, dei singoli governi. 1) Al di là dei poteri formali che rimangono limitati dai trattati, il Parlamento europeo non utilizza sufficientemente la propria voce e il suo potere di influenza. Ci sono parlamentari che sanno assumere il proprio ruolo, per impegno e competenza, ed altri un po’ meno. Il Parlamento europeo deve agire da amplificatore e federatore sulle tematiche cruciali per l’Europa, rafforzando i propri legami con il Consiglio e le capitali europee. Non lo fa abbastanza. Penso ad esempio a dossier cruciali dove c’è divisione tra Stati Membri, come la protezione dei lavoratori, la migrazione, o certe posizioni in politica estera. Non ci possiamo permettere di essere politicamente assenti in Siria e divisi in Libia.
2) Cosa invece ha realizzato di positivo il parlamento?
2) Il Parlamento è stata la spinta per avere un’Europa più solidale e più generosa, più attenta ai diritti civili e agli interessi dei cittadini. Nel bilancio dell’Unione Europea dove il Parlamento ha un ruolo preponderante ha sempre lottato per un maggiore bilancio per dare più finanziamenti per la crescita, per le zone arretrate anche del Sud d’Italia, per i programmi di ricerca e innovazione. Il Parlamento ha promosso la tutela del made in Italy, la lotta all’inquinamento, Erasmus plus con finanziamenti triplicati, l’abolizione del roaming, la difesa del copyright contro i monopoli delle piattaforme 2) Il Parlamento europeo ha dato il suo contributo positivo per azioni e normative importanti come l’abbattimento dei costi di roaming, l’equiparazione di retribuzione per i lavoratori distaccati in un altro paese, maggiore flessibilità sui bilanci, ed il piano europeo per gli investimenti. È stato spesso un luogo di incontro e discussione, anche se poi il “La” politico sul da farsi è venuto da Commissione europea o Consiglio
3) Secondo lei il parlamento europeo funziona bene così com’è oppure sarebbe necessaria una riforma che ne aumenti i poteri?
3) Io vorrei un’Unione Europea più forte, più solidale e coesa, che superi gli egoismi dei singoli paesi, in grado di sopravvivere nel quadro dell’ordine mondiale che si è stabilito nel XXI secolo. Molto di questa nuova Europa si può realizzare nell’ambito delle istituzioni e regole attuali se c’è la volontà dei governi nazionali di agire con vero spirito comunitario, per esempio con un maggiore coinvolgimento del Parlamento Europeo nella politica estera. Tuttavia si deve anche costruire un progetto futuro, che sarà lungo da realizzare perché deve passare attraverso una modifica dei Trattati, che dia al Parlamento, che è l’unica legittimità democratica dell’Europa, un ruolo molto più preponderante. 3) L’assenza di potere di iniziativa legislativa, prerogativa della Commissione europea, è un’anomalia che andrà col tempo corretta, ma una continua revisione dei trattati aliena i cittadini. Il Parlamento può già da ora dare più forti indicazioni politiche sulla legislazione che intende portare avanti ed approvare. Auspico inoltre che si sviluppino veri partiti transnazionali. Il Parlamento deve rafforzare il legame con i governi ed essere leader nella comunicazione semplice con la gente. La comunicazione della Commissione rimane troppo tecnocratica ed incomprensibile per molti cittadini. Il Parlamento è il luogo dove dovrebbero emergere veri leader europei. Al momento se ne vedono pochi, gli interessi nazionali o elettorali di breve termine rimangono predominanti. Ci vuole più coraggio e bisogna uscire dal palazzo.
4) L’Italia conta poco o molto in Europa?
4) Per contare in Europa si devono stringere alleanze con gli altri paesi, soprattutto quelli più europeisti, e si deve lavorare con assiduità, impegno e coerenza a tutti i livelli delle istituzioni europee: l’Italia non ne è stata sempre capace, soprattutto nell’ultimo anno. 4) Contano gli italiani, conta di meno l’Italia. Ci sono molti italiani che hanno un ruolo di rilievo in Europa, ma sono spesso slegati dalla politica nazionale ed il peso relativo dell’Italia si rivela poi limitato. L’Italia non fa abbastanza “sistema”, come lo fanno Germania, Francia ed altri paesi.
5) Quale è stato il suo contributo all’Europa e all’Italia in questi anni?
5) Ho svolto la mia carriera nella Commissione Europea dove sono stata fino al 2014 Direttore Generale della Salute e del Consumatore, responsabile di politiche di grande impatto sociale ed economico, quali la sanità, la sicurezza alimentare, la protezione dei consumatori, nelle quali ho sempre difeso l’interesse dei cittadini e dei pazienti; tra le mie realizzazioni da sottolineare il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare, la creazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare di Parma, le nuove direttive sulle cure dei pazienti, le malattie rare e i farmaci, la difesa della salute pubblica come investimento per la crescita. 5) Ho dato il mio contributo per rafforzare il ruolo dell’Europa nel mondo, dalla cooperazione allo sviluppo, alla difesa dell’ambiente, e la gestione del fenomeno migratorio. Ho rafforzato i legami tra Bruxelles e Roma per affrontare l’emergenza migratoria nel mediteranno centrale, indipendentemente dai colori dei governi che si sono succeduti. Al di là della retorica politica, la riduzione dei flussi, l’attivazione di corridoi umanitari, e in generale una migliore gestione della migrazione sono il frutto di una stretta collaborazione tra la Commissione europea e Roma iniziata nel 2017
6) Il parlamento ha votato la riforma del Trattato di Dublino, che affronta il problema dei migranti, ma questa riforma non è operativa. Come giudica la riforma, e come mai c’è questa impasse?
6) La riforma era un primo passo per una gestione più equilibrata dei migranti in arrivo nel nostro continente ed è bloccata per l’assoluta mancanza di solidarietà della maggioranza degli stati 6) Sul Regolamento di Dublino il Parlamento ha votato a favore. Il blocco arriva dal Consiglio, cioè gli Stati Membri, ma, ripeto, il Parlamento pecca in mancanza di influenza. Non basta votare a favore, bisogna tessere i legami politici con le capitali. Su Dublino penso che un altro errore sia stato quello di cercare tutto e subito. La divisione interna tra Stati Membri è forte. Vanno quindi prima cercati compromessi, con meccanismi temporanei di redistribuzione degli aventi diritto a asilo tra paesi di primo arrivo, come l’Italia, e paesi più interessati da movimenti secondari, come la Germania. Nel frattempo si è lavorato sul fronte esterno col controllo delle frontiere, che trova consenso tra i paesi. I risultati raggiunti sul fronte esterno vanno ora capitalizzati per avanzare sul fronte interno, alleggerendo la pressione sui paesi di primo sbarco.