Pesca eccessiva, biodiversità marina non protetta

di Giorgio De Rossi

Secondo la Relazione Speciale della Corte dei conti europea, pubblicata il 26 novembre 2020: «L’azione dell’UE non ha condotto al recupero di ecosistemi e habitat marini significativi. Il quadro normativo UE per la protezione dell’ambiente marino non va abbastanza in profondità da riuscire a riportare i mari ad un buono stato ecologico ed i fondi dell’UE raramente sostengono la conservazione di specie e habitat marini». Il massimo organismo del controllo finanziario ha dunque rilevato che attualmente «Le aree protette marine (AMP) rappresentano la misura più emblematica di conservazione dell’ambiente marino». Dette aree, prosegue la Corte, «hanno fornito una limitata protezione della biodiversità marina, mentre continua ad esservi praticata una pesca eccessiva, specialmente nel Mediterraneo».

La figura mostra come l’impatto di una pesca più intensa incida profondamente sulla conservazione delle risorse ittiche. In particolare, la pesca ha un impatto considerevole sull’ambiente marino e la Corte evidenzia che «Nell’Atlantico, dove la gestione della pesca è legata per lo più ai limiti imposti alle catture ammissibili, c’è stato un miglioramento misurabile. La maggioranza degli stock ittici era oggetto di una pesca sostenibile anche se molti stock erano ancora oggetto di pesca eccessiva ». Nel Mediterraneo, di converso, non c’è stato alcun segno concreto di progressi: «Nel Mediterraneo, dove la gestione della pesca prevede per lo più limitazioni dello sforzo di pesca (e non delle catture), i tassi di pesca hanno raggiunto livelli due volte superiori a quelli sostenibili». Nel grafico viene indicata la percentuale approssimativa del numero totale di pescherecci e del peso totale delle catture per piccoli e grandi pescherecci. In particolare, si evidenzia come il 72% dei piccoli pescherecci ottenga un pescato pari a poco più del 10%, mentre, il rimanente 28% dei grandi pescherecci catturi quasi il 90 % delle risorse ittiche. João Figueiredo, il membro della Corte dei Conti Europea responsabile della Relazione, ha sottolineato che: «per la loro importanza economica, sociale e ambientale, i mari costituiscono un vero tesoro. Tuttavia, l’azione dell’Ue non è finora riuscita né a far tornare i mari europei ad un buono stato ecologico, né la pesca a livelli sostenibili. Infatti, pur se i finanziamenti europei avrebbero dovuto trovare utilizzo per sostenere la protezione dell’ambiente marino, la Corte denuncia che: «Solo una piccola quota di essi è usata per tale finalità».

Per il periodo 2014 – 2020, al Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) sono stati assegnati 6 miliardi di euro, ma la Corte ha stimato che i quattro Stati membri visitati – Spagna, Francia, Italia e Portogallo – «Ne avevano utilizzato solo il 6% circa per interventi direttamente collegati alle misure di conservazione e meno di 2 milioni di euro (0,2 %) erano stati utilizzati per limitare l’impatto della pesca sull’ambiente marino». L’audit della Corte, nel segnalare chiaramente una situazione allarmante riguardo alla protezione dei mari dell’Ue, raccomanda che: «Dato il degrado degli ecosistemi marini registrato da lungo tempo nel Mediterraneo, la Commissione, insieme agli Stati membri interessati, dovrebbe: o valutare l’opportunità di istituire ulteriori zone di pesca protette Ue nel Mar Mediterraneo; o riferire periodicamente sui progressi compiuti e sulla necessità di azioni correttive, nel quadro del piano pluriennale per il Mediterraneo occidentale».

La Relazione della Corte dei conti europea non è, comunque, caduta nell’oblio dal momento che il Parlamento europeo, con la Risoluzione su “Più pesce nei mari”, del 21 gennaio 2021, approvata con 362 voti a favore, 248 contrari e 71 astensioni, ha chiesto agli Stati membri interventi decisivi per risolvere i sottostanti tre obiettivi fondamentali: A) Miglioramento della gestione della pesca per porre fine alla cattura eccessiva e promozione, entro il 2022, della transizione verso una pesca a basso impatto anche attraverso il sostegno della pesca artigianale, della pesca costiera su piccola scala, nonché attraverso la creazione di zone di riserva integrale. B) Ampliamento della rete di zone protette e accoglimento della proposta della Commissione, contenuta nella strategia dell’Ue per la biodiversità 2030, di avere almeno il 30% delle acque europee come Aree Marine Protette (AMP).

C) Controllo dei fattori ambientali che minacciano la ricostituzione degli stock ittici. Tra le varie fonti di inquinamento, sia terresti che marine, che si ripercuotono negativamente sulla ricostituzione degli stock ittici (come i nitrati, le acque reflue, i fertilizzanti, i pesticidi, le sostanze chimiche tossiche, l’attività industriale ed il turismo di massa, i residui dell’acquacoltura, la plastica e la microplastica, le creme solari, gli ormoni, l’inquinamento acustico, gli sversamenti di petrolio e gli attrezzi da pesca perduti o abbandonati), viene annoverato anche il comportamento dei pescatori nella lotta all’inquinamento dei mari e degli oceani ed il loro coinvolgimento. A tale proposito, il Parlamento ha esplicitamente invitato la Commissione «a sollecitare gli Stati Membri perché adottino normative che consentano ai pescatori di portare a terra i rifiuti pescati in mare e che stabiliscano per gli stessi operatori appositi meccanismi premiali». L’Europa deve pertanto porre la massima attenzione nella cura di un bene fondamentale di inestimabile valore per l’umanità: già otto secoli or sono “sor’aqua” veniva sapientemente definita “multo utile et humile et pretiosa et casta”.

Recommended For You

About the Author: RED

WP Twitter Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi