L’Unione europea e la cassa integrazione salariale

Pres. sez. Paolo Luigi Rebecchi
La crisi economico finanziaria conseguente all’epidemia Covid- 19 ha determinato inaspettati e rilevantissimi cambiamenti nella configurazione e gestione del bilancio dell’Unione europea, tra i quali il nuovo piano generale di sostegno alle economie dei Paesi membri (“Recovery Fund”) e le semplificazioni procedurali relative ai fondi strutturali.
Ad essi si affiancano le deroghe in materia di aiuti di Stato e gli interventi “eccezionali” della Banca centrale europea (BCE) e della Banca europea degli investimenti (BEI). Non va dimenticata l’ulteriore misura di sostegno finanziario alla disoccupazione denominata “SURE”, in relazione alla quale, in data 8 agosto 2020, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro italiani, hanno inoltrato alla Commissione europea la richiesta di specifica attivazione per un importo di oltre 28 miliardi di euro (e la Commissione ha accolto la richiesta avviando la procedura di approvazione da parte del Consiglio per euro 27,5 miliardi in data 24 agosto) . Infatti, nel corso della crisi sanitaria ed economica tutt’ora in atto, in Italia (e non solo) vi è stato un rilevantissimo ricorso alla “cassa integrazione” (che nel nostro ordinamento è articolata in varie forme quali “Cigo”-cassa integrazione guadagni ordinaria, “Cigs”-cassa integrazione guadagni straordinaria, “Fis”-fondo integrazione salariale, “Cigd”-cassa integrazione guadagni in deroga, fondi di integrazione bilaterali), con provvedimenti speciali che hanno consentito di evitare un generalizzato ricorso al licenziamento dei dipendenti sia nel settore industriale che in quello dei servizi, con conseguente sostegno alle relative imprese (contenuti, in particolare nei d.l. n. 18/20- “Cura Italia” e n. 104/20 “Agosto”). È stato rilevato (G. Bovini e A. “Cassa integrazione e Covid-19. Un primo bilancio”, in www.lavoceinfo.it) che nei mesi di marzo e aprile 2020 il 51 per cento delle imprese ha usufruito della Cig-Covid per quasi il 40 per cento dei dipendenti del settore privato. Il nuovo fondo europeo è disciplinato (a differenza del “noto” MES, regolato da un apposito trattato sottoscritto il 2 febbraio 2012 dai diciassette Paesi della zona euro ) , da una fonte legislativa primaria dell’Unione , costituita dal Regolamento del Consiglio n. 2020/672/UE del 19 maggio 2020 “che istituisce uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) a seguito dell’epidemia di Covid-19” (in vigore dal 20 maggio 2020). Il regolamento, fra le varie premesse ricorda che “…Il virus Severe Acute Respiratory Syndrome coronavirus-2 (sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2, SARS-CoV2) … è un nuovo ceppo di coronavirus mai individuato prima negli esseri umani…Gli Stati membri hanno messo in atto misure straordinarie per contenere l’epidemia di Covid-19 e il suo impatto. La probabilità di un’ulteriore trasmissione di Covid- 19 nell’Unione è considerata elevata. Oltre all’impatto sulla salute pubblica in termini di fatalità sostanziali, l’epidemia di Covid-19 ha avuto conseguenze enormi e dirompenti sui sistemi economici degli Stati membri, causando sconvolgimenti sociali e aumentando la spesa pubblica in un numero crescente di Stati membri. …È necessario facilitare gli sforzi profusi dagli Stati membri per far fronte all’aumento repentino e severo della spesa pubblica fino a quando l’epidemia di Covid-19 e il suo impatto sulla forza lavoro non saranno sotto controllo.
La creazione di uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) …conseguente all’epidemia di Covid-19 dovrebbe consentire all’Unione di rispondere alla crisi del mercato del lavoro in modo coordinato, rapido ed efficace e in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, attenuando così l’impatto sull’occupazione per le persone e i settori economici più colpiti e mitigando, per gli Stati membri, gli effetti diretti di questa situazione eccezionale sulla spesa pubblica…”. Quanto alla sua compiuta articolazione va evidenziato che, come per il “MES” anche nel caso del “SURE” si tratta di “prestiti” (e tuttavia la richiesta di attivazione da parte dei due ministri prima citati non è stata accompagnata da alcuna critica o polemica politica o giornalistica). (gradi) Circa il reperimento delle relative risorse, le stesse sono finanziate mediante il ricorso ai mercati internazionali dei capitali e a tal fine sono necessarie “garanzie” a sostegno dei prestiti a titolo del bilancio dell’Unione al fine di assicurare la compatibilità delle passività potenziali con il quadro finanziario pluriennale («QFP»). Lo strumento integra le misure nazionali adottate dagli Stati membri colpiti fornendo assistenza finanziaria che può essere richiesta (art.3 del reg.) “..quando la propria spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata abbia subito un aumento repentino e severo a decorrere dal 1°(gradi) febbraio 2020 per via di misure nazionali direttamente connesse a regimi di riduzione dell’orario lavorativo o a misure analoghe per far fronte agli effetti socioeconomici delle circostanze eccezionali causate dall’epidemia di Covid-19…”.
L’assistenza finanziaria assume la forma di un prestito concesso dall’Unione allo Stato membro interessato e l’importo massimo dell’impegno finanziario complessivo per tutti gli Stati può arrivare a cento miliardi di euro. L’ attivazione avviene (art.6 reg.) con decisione di esecuzione del Consiglio adottata sulla base di una proposta della Commissione a seguiti di richiesta motivata dello Stato e verifica da parte della Commissione. La decisione indica l’importo del prestito, la scadenza media massima, gli interessi, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità e le altre regole dettagliate necessarie per la concessione dell’assistenza finanziaria, applicando principi di parità di trattamento, solidarietà, proporzionalità e trasparenza. Le caratteristiche del prestito sono definite in un accordo tra lo Stato membro beneficiario e la Commissione. Di particolare interesse sono le previsioni dell’art. 11 del regolamento (Contributi allo strumento sotto forma di garanzia degli stati membri) secondo le quali gli Stati membri “possono” contribuire allo strumento mediante controgaranzie dei rischi sostenuti dall’Unione.
I contributi “…sono forniti sotto forma di garanzie irrevocabili, incondizionate e su richiesta e sono previste in uno specifico accordo fra commissione e Stato membro…”. L’accordo fissa le condizioni del pagamento mentre l’attivazione delle garanzie prestate dallo Stato membro avviene proporzionalmente alla sua quota relativa rapportata al reddito nazionale lordo dell’Unione. Se uno Stato membro non è in grado di onorare, in tutto o in parte, l’attivazione a tempo debito, la Commissione, al fine di coprire la parte corrispondente allo Stato membro in questione, ha il diritto di procedere ad attivazioni aggiuntive di garanzie presso altri Stati membri, pur rimanendo lo Stato membro obbligato.
I contributi aggiuntivi degli altri Stati membri sono rimborsati ricorrendo agli importi che la Commissione ha recuperato dallo Stato membro in questione. Prima di attivare le garanzie la Commissione “…dovrebbe esaminare la possibilità di avvalersi del margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento nella misura da essa ritenuta sostenibile, tenendo conto fra l’altro delle passività potenziali totali dell’Unione, anche a titolo del meccanismo di sostegno delle bilance dei pagamenti istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002, e della sostenibilità del bilancio generale dell’Unione. Tale esame non pregiudica il carattere irrevocabile, incondizionato e su richiesta delle garanzie fornite…”.
Gli importi risultanti dalle attivazioni delle garanzie costituiscono entrate con destinazione specifica esterne per lo strumento. (percento)Il periodo di disponibilità dello strumento nel corso del quale può essere adottata una decisione si conclude il 31 dicembre 2022 salva possibilità di proroga in relazione all’evoluzione della situazione sanitaria ed economica. L’accordo di prestito contiene anche le disposizioni necessarie in materia di controlli e audit (art.13) e di rendicontazione (art.14).
Paolo Luigi Rebecchi

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