Euro-ignoranti. Quello che i nostri politici non sanno

di Fabio Colasanti

I primi dieci minuti del TG1 delle 13.30 di sabato 9 maggio sono stati sufficienti a deprimermi ancora di più. L’ignoranza della nostra classe politica è abissale e la distanza culturale tra l’opinione pubblica italiana e quella degli altri paesi europei aumenta continuamente. Usciremo dall’Unione europea non per motivi economici, ma per ignoranza di quello che succede nel mondo e di quello che pensano gli altri cittadini europei.

La presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, ha avuto il coraggio di definire la sentenza della Corte costituzionale tedesca del 5 maggio scorso (e che ha ripetuto posizioni prese dalla stessa corte nel 1974, nel 1986 e nel 2009) un “pretesto”. Mi chiedo che importanza attribuisca alle sentenze della nostra corte costituzionale. Ha avuto il coraggio di affermare: “Mentre Berlino discute, l’Europa brucia”. Demagogia pura. E parliamo della seconda carica dello Stato.

Il nostro primo ministro Giuseppe Conte sta seguendo da varie settimane sui temi europei una linea di “accattonaggio istituzionale”. Ora chiede aiuti economici per la povera Italia che non è l’unico paese colpito dal covid-19 e che non è nemmeno il paese europeo più colpito. Ad oggi almeno tre altri paesi europei sono colpiti più duramente del nostro. La linea iniziale che aveva tenuto fino a poco più di un mese fa aveva una certa dignità, era quella dell’aiuto nell’ottenere dei prestiti a condizioni migliori di quelle che avremmo potuto ottenere da soli (“La banca non mi concede un prestito; ma se tu mi dai la tua firma posso ottenerlo e, sta sicuro, restituirò tutto il prestito e la cosa non ti costerà nulla”). Da tre/quattro settimane è passato alle richieste di aiuto economico puro e semplice (“Fammi un regalo, e non trascurabile, in maniera che io possa chiedere un prestito alla banca più basso”).

Che titoli abbiamo per chiedere aiuti? Che credibilità abbiamo nello spendere soldi? Come possiamo chiedere aiuti, quando non vogliamo utilizzare il MES a costi quasi nulli e quando spendiamo altri tre miliardi per l’Alitalia?

A chi sono poi rivolte le richieste di aiuto? Ai 16 paesi europei che hanno un reddito pro-capite più basso del nostro o agli otto paesi dell’Unione europea che sono più ricchi di noi, ma che già versano un contributo netto al bilancio comunitario più alto del nostro?

Ma a tutto questo, oggi si è aggiunta l’ignoranza della storia. Nel Manifesto di Ventotene non c’è nulla sugli aiuti economici tra paesi, la preoccupazione degli autori era ben altro. Nei Trattati di Roma, che non erano comunque basati sul Manifesto di Ventotene, non c’è nulla sulla solidarietà economica tra paesi. I fondi strutturali, la prima forma di aiuto economico per le parti più povere dell’Unione europea, sono stati introdotti verso la metà degli anni settanta.

Su cosa si basa Giuseppe Conte per giustificare le sue richieste di aiuti economici per l’Italia con lo spirito dei padri fondatori? Il nostro ministro degli esteri, Luigi Di Maio, nonostante le più di 60 pagine di testi ufficiali oggi disponibili, continua a ripetere come un disco rotto che il MES non sarebbe uno strumento “adeguato”. Non sa più che dire d’altro. Dall’opposizione, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, vengono messaggi sguaiati (“Il MES sarebbe una trappola per topi”) che rivelano il livello culturale delle persone alle quali si rivolgono.

. Per fortuna abbiamo il presidente Mattarella. Ma ho sempre più paura che “Non andrà tutto bene”.

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