Lagarde spara sull’Italia in ginocchio

di Antonella Blanc

Un errore l’ha commesso Mario Draghi, subito rimpianto presidente della Banca centrale europea (quella dell’eurozona, cioè dei 19 Paesi dell’Unione europea che hanno aderito alla moneta unica). Ed è stato quando ha detto, il 28 novembre scorso, durante la cerimonia a Francoforte del passaggio delle consegne a Christine Lagarde, che lasciava la Bce in buone mani.

Lagarde è un avvocato francese, ha altri studi e preparazione di Draghi, ora vediamo che ha anche un’altra sensibilità. Eppure aveva dato segnali rassicuranti dicendo di voler continuare la politica monetaria del suo predecessore, benché il grande riferimento per lei fosse il tedesco Wolfgang Schaeuble, ora presidente del Parlamento tedesco, per otto anni ministro delle Finanze, considerato un “Falco” e di Draghi grande avversario.

Avversario ma non nemico, perché ammise che l’italiano calmò i mercati nel 2012, nel momento più difficile per la Bce prima d’ora, e questo valse la salvezza della moneta unica.

“La Banca centrale europea – disse Draghi allora – è pronta a fare tutto ciò che serve per preservare l’euro. E, credetemi, sarà sufficiente”. Una frase che chi si occupa di finanza conosce a memoria. Draghi era da pochi mesi a capo della Banca centrale e mostrò l’autorevolezza necessaria per passare la tempesta. Presidente da pochi mesi, proprio come Christine Lagarde oggi.

La francese però, alla sua prima prova importante, ha pasticciato con una dichiarazione infelice. Con l’Europa colpita dalla tempesta coronavirus, l’indebitata Italia – la più sfortunata nell’emergenza con un drammatico numero di morti destinato ad aumentare di molto – si trova a fare i conti con un crescente spread, che è poi la differenza dei nostri titoli di Stato con quelli più robusti dell’area euro, e cioè quelli tedeschi. Più alto è lo spread meno bene si vendono i titoli di Stato, quindi si pagano maggiori interessi, quindi cresce il debito pubblico. Quanto sia delicato questo meccanismo è diventato, nel tempo, conoscenza comune. E cosa va a dire la francese il 12 marzo scorso, pochi giorni dopo la “serrata” del governo italiano, con le misure straordinarie su tutto il territorio nazionale per contenere il contagio del coronavirus? “La Bce sosterrà i Paesi in difficoltà con tutta la flessibilità necessaria. Ma non siamo qui per ridurre lo spread. Non è né la funzione né la missione della Bce. Per fare questo ci sono altri strumenti e altri attori”.

Appena il giorno prima Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, aveva rivolto – in parte nella nostra lingua – un messaggio agli italiani: “Voglio dirvi che adesso non siete soli, l’Europa soffre assieme a voi”. E lo stesso giorno l’Oms l’Organizzazione mondiale della Sanità, aveva sciolto l’ultimo ormai comprensibilissimo dubbio: il coronavirus è una “pandemia”, cioè ha carattere planetario con una diffusione esponenziale: in due settimane il numero di casi fuori dalla Cina era aumentato di tredici volte e i Paesi colpiti erano triplicati. In questo contesto drammatico, l’Europa era diventata l’epicentro del contagio. Ovvio che Christine Lagarde ha sbagliato tempi e modi, al punto che dall’Italia si incarica di replicarle addirittura il Quirinale. Certo, senza citarla, come si usa per antica regola diplomatica della nostra Presidenza della Repubblica. Ma senza rischio di equivoci: “L’Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell’Unione Europea – premette la nota firmata dal Presidente Sergio Mattarella -. Si attende quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione”.

Di aver sbagliato, si deve essere convinta subito la stessa Lagarde, se – come riporta il Financial Times- si sarebbe di fatto scusata nella riunione del Direttivo della Bce per quel suo “non siamo qui per ridurre lo spread” a cui si attribuiscono le dimensioni del crollo della Borsa di Milano. Il governo italiano, sempre nella “settimana di fuoco” dall’8 al 14 marzo, ha stanziato 25 miliardi di euro di aiuti all’economia e alla famiglie, una misura straordinaria che dilaterà pesantemente la forbice deficit/ pil, stavolta però con l’approvazione di Bruxelles. Più soldi, come i governi italiani chiedono abitualmente, che però non saranno utilizzati per misure da programma elettorali, ma neanche – purtroppo – per investimenti di rilancio della produzione. Serviranno a coprire le falle di una barca che fa acqua, perché l’azione di contenimento del contagio che è stata scelta, quella più drastica, di fatto blocca l’economia di interi settori.

in questa situazione grave, il futuro prossimo è la recessione. Sempre nei prossimi mesi Palazzo Chigi si troverà a valutare scelte importanti e impopolari come il prelievo forzoso nei conti correnti, più volte evocato come spauracchio ma ora opzione possibile: un modo per finanziare le misure di sostegno all’economia. Un’Italia che dovrà fare i conti con un’improvvisa e imprevista nuova debolezza che va a colpire un’economia senza più respiro, boccheggiante da tempo, ora come sotto sequestro. Il consenso all’azione del governo, però, rende l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte più forte. La pandemia spaventa, e gli italiani pensano che la priorità sia la tutela della salute. Naturalmente, non tutti: quelli impegnati nelle attività che hanno dovuto chiudere i battenti dovranno fare i conti con i debiti contratti e con gli affitti da pagare. Altro che manovra da 25 miliardi, più debiti e sviluppo lontano: il viaggio nel tunnel è appena cominciato.

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