Coronavirus: le città vuote in bilico tra lutto, paura e speranza

di Carlo Felice Corsetti

La testimonianza forse più dura sulle città vuote in Italia, dopo il decreto del governo che ha “quasi” obbligato i cittadini a stare in casa (in realtà l’obbligo categorico non c’è, ma si gioca sull’equivoco per scoraggiare il più possibile la frequentazione di spazi pubblici) è di Bergamo, il capoluogo che in questi giorni di metà marzo è il più martirizzato dal virus. E questa testimonianza vive nelle parole di un calciatore dell’Atalanta, Marten De Roon. L’Atalanta è la squadra di calcio che ha conquistato uno “storico” passaggio tra i primi otto team d’Europa nella prestigiosa Champions League.

Ha passato il turno vincendo, dopo la partita d’andata nello stadio di Milano con il Valencia, anche quella di ritorno in trasferta, in Spagna. Lo stadio era vuoto per l’allarme coronavirus e quello che si poteva immaginare è che i giocatori più preoccupati fossero quegli spagnoli che si trovavano a fronteggiare i colleghi che venivano dalla “città infetta”. Invece a sorpresa tre casi di contagio, al momento in cui si manda in stampa questo giornale, erano tutti del Valencia.

E solo dopo questo i giocatori dell’Atalanta sono stati messi in quarantena, con obbligo di stare a casa e senza più potersi allenare insieme. Dice uno di loro, l’olandese Marten De Roon: “Non avrei mai pensato di dover affrontare una situazione come questa. Dopo la partita contro il Valencia siamo stati felici per un’ora prima di tornare a parlare della situazione in Italia, a Bergamo. Perché è davvero brutto. Le strade sono completamente vuote. Tutto quello che senti è il suono delle ambulanze e delle campane della chiesa, che suonano per le persone che purtroppo sono morte”.

C’è però anche una bellezza nelle città vuote, che in Italia sono spesso città d’arte, custodi della storia, e all’improvviso sono libere dal traffico. A Roma si possono vivere strade e monumenti senza la folla, le macchine in seconda fila, i carretti degli ambulanti, lo smog, quelli che i romani chiamano “la caciara” in un silenzio spirituale ma anche surreale, con i pochi passanti che camminano, magari con il viso coperto da una mascherina, l’uno distante dall’altro.

Ma non c’è solo il silenzio. Soprattutto nelle periferie i balconi si popolano di cantanti improvvisati, perché nel passaparola dei social si sono organizzati flash mob di solidarietà e di festa anti-panico nell’unico recinto di casa che è a metà aperto. Solo in Italia poteva succedere, ha commentato un uomo di spettacolo e di spirito come Renzo Arbore; e forse è vero, forse no, ma certo è anche questa un’energia che fa sperare per quando si volterà pagina, per quando servirà una forza diversa per rialzarsi.

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