A Bruxelles piace la riforma blocca-prescrizione

di Teresa Forte

La legge voluta dal Guardasigilli Alfonso Bonafede che interrompe la prescrizione dopo una sentenza di primo grado è in vigore dal primo gennaio scorso, anche se in Italia se ne discute e se ne parla come se la legge dovesse ancora essere approvata. Si tratta infatti di una legge controversa: chi è contrario, dice che una legge che sospende la prescrizione di fatto rende quasi eterni i processi, e rischia di diventare persecutoria, perché la certezza della durata dei processi è la certezza stessa del diritto. Chi è favorevole sostiene che la prescrizione in Italia in questi anni ha reso impuniti tanti gravi reati dando uno scandaloso “ombrello” a disonesti e corrotti. In particolare, oltre alle difficoltà di organico nella magistratura, tra i tanti motivi che rallentano i processi ci sono i vari escamotage di parte legale per dilatare i tempi e ad arrivare a una prescrizione “indotta”. L’istituto della prescrizione in Italia sarebbe così diventato un sistema per eludere un’eventuale pronuncia di condanna.

Nel rapporto semestrale sull’Italia reso pubblico nei giorni scorsi, la Commissione europea ha “promosso” la riforma Bonafede: “Una riforma positiva che interrompe la prescrizione dopo una sentenza di primo grado, in linea con una specifica raccomandazione formulata da tempo, è entrata in vigore nel gennaio 2020” premette infatti il testo della Commissione.

La relazione della Commissione chiede altre misure, rimarcando però che l’Italia sulla riforma della giustizia sta facendo scelte “europee”. “La scarsa efficienza della giustizia penale a livello di appello continua a ostacolare il perseguimento della corruzione”. “Saranno necessarie misure per aumentare l’efficienza, soprattutto a livello di grado di appello, dove ancora circa il 25% dei casi è stato dichiarato prescritto nel 2018”.

“Il Governo italiano – specifica ancora la relazione europea – ha discusso da tempo una riforma necessaria della procedura penale, compresa una revisione del sistema di notifica, un più ampio uso di procedure semplificate, una limitazione alla possibilità di presentare ricorso richiedendo una nuova procura per gli avvocati, l’introduzione di un giudice unico in seconda istanza per la citazione diretta, un più ampio uso di strumenti elettronici per l’archiviazione di documenti e regole semplificate sulle prove”. “Una rapida adozione di queste misure, insieme ad altre per affrontare il gran numero di casi nei tribunali d’appello, potrebbe migliorare l’efficienza della giustizia penale”.

La Commissione, pur dicendosi preoccupata per i tempi lunghi della giustizia penale in Italia (a livello di appello, mediamente 860 giorni per arrivare a sentenza) fa luce anche sui “risultati positivi” nel contenere la durata del processo. In Italia il primo grado penale dura mediamente 382 giorni, il terzo grado di giudizio davanti alla Cassazione 156 giorni. Restano dati superiori alla media Ue, ma in progresso.

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