Quanto è grigio il cielo sopra Berlino

di Fabio Morabito

È stata una festa, il 9 novembre scorso, di decine di migliaia di tedeschi in piazza, a Berlino davanti alla Porta di Brandeburgo, nel trentesimo anniversario della cosiddetta caduta del Muro di Berlino. Si è festeggiata la storica decisione di demolirlo, che permise undici mesi dopo la riunificazione delle due Germanie, allora divise in Occidentale e Orientale. Quel giorno di trent’anni fa, ha detto il Presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier nel suo solenne discorso di commemorazione “siamo stati il popolo più felice della terra”.

Ma questa festa è la luce di un giorno, e la Germania diventata superpotenza economica, con il marco occidentale scambiato alla pari con il debolissimo Ostmark orientale – decisione presa per orgoglio nazionale, coraggio ma anche necessità politica – oggi vive una crisi economica e sociale, inaspettata fino a qualche anno fa. La Germania è sull’orlo della recessione, la crescita prevista sarà dell’1% all’anno almeno fino al 2021, inferiore alla media europea. Si è fermata la crescita industriale e l’indice manufatturiero è al dato più basso degli ultimi sette anni. Lo stesso Mario Draghi, quando era ancora Presidente della Banca centrale europea, parlando un mese e mezzo fa all’Europarlamento, indicò la Germania come uno dei Paesi più colpiti dall’attuale crisi.

Nella politica, c’è incertezza su come potrà essere la stagione successiva ad Angela Merkel. La Cancelliera ha già detto da tempo di volersi ritirare alla fine della legislatura, con il nuovo voto alle politiche, nel 2021. Avrà allora 67 anni, ma non è l’anagrafe ad aver deciso, semmai la lunga stagione politica al potere. Il suo partito, l’Unione dei cristiano democratici (Cdu), si sta erodendo. Alle ultime politiche, pur restando il primo partito della Germania, ha perso l’8,6%. Le elezioni locali sono un continuo segnale di logoramento. Ma Angela Merkel non ha un successore all’altezza. Anche se ha predisposto tutto, con lungimiranza politica, il suo talento per ora non ha un’erede.

A capo della Commissione europea è stata designata una tedesca, per giunta una sua cara amica, Ursula von der Leyen. Ma è una leader per ora debole, forse proprio perché espressione del Paese più forte, e probabilmente in qualche modo osteggiata dal Presidente francese Emmanuel Macron. Non si è potuta insediare come previsto al primo novembre. A guida della Cdu c’è un’altra donna, Annegret Kramp-Karrenbauer. Anche lei è stata scelta dalla Cancelliera, ma già ci si chiede se sia all’altezza. Il declino di popolarità in Patria di Angela Merkel può essere ricondotto a una sua dichiarazione – la disponibilità ad accogliere anche un milione di siriani in fuga dalla guerra civile – che ha suscitato ammirazione, ma all’estero. Così è emerso il segno di contraddizione di un’economia evoluta, di un Paese coraggioso che ha fatto i conti con il passato – l’Olocausto, sopra tutto – senza nascondersi, senza dimenticare. Il Memoriale dell’Olocausto, a Berlino, è un monumento alla tragedia e vergogna del proprio passato, ma è anche l’esempio unico di un’espiazione. Ma proprio il leader politico tedesco che disse che i tedeschi erano “gli unici al mondo” ad aver edificato un memoriale della vergogna nel cuore della loro capitale, Bjoern Hoecke, capo della corrente di destra del partito di estrema destra “Alternativa per la Germania” è tra i vincitori delle ultime elezioni locali, in Turingia.

Anche se poi il primo partito è stato Die Linke (La sinistra), con oltre il 30% dei suffragi, ha fatto più effetto sulla stampa europea l’avanzata di Alternativa, che ha più che raddoppiato i consensi superando il 23% e ottenendo più consensi della Cdu. La Turingia è un Land centrale nella Germania, due milioni di abitanti circa, con un peso nazionale quindi ridotto; ma prima della riunificazione era regione della Germania Est. È qui, nella ex Germania orientale, che cresce la tensione, dopo che l’integrazione si è fermata. Sono quindici anni che i salari, prima in continuo recupero su quelli dell’altra Germania, quella da subito occidentale, si sono attestati restando mediamente più poveri del 20%. Un buon traguardo, se si pensa alla povertà di partenza, uno stallo se si guarda al nuovo millennio.

Il Comune di Dresda il primo novembre ha votato una risoluzione a maggioranza, allarmata per i troppi episodi antidemocratici definiti “di estrema destra”. Il titolo del documento è solo smussato da un punto interrogativo: “Emergenza nazista?”. Ma il malessere di Dresda cresce nelle ferite della storia: è la città massacrata da uno dei più discussi bombardamenti della Seconda guerra mondiale, una strage di civili che anche liberi intellettuali non tedeschi hanno definito “crimine di guerra”. É un giusto allarme? Non è solo Dresda a preoccupare. Sono centinaia gli episodi di antisemitismo e di insofferenza verso i migranti in questi ultimi anni denunciati in Germania. I centri di accoglienza sono presi di mira. L’8 ottobre scorso, la sinagoga di Halle, cittadina della Sassonia, fu attaccata da un neonazista di 27 anni, che ha ucciso due persone. Il deputato cristiano-democratico Walter Lübcke, 65 anni, è stato assassinato nel giugno scorso con un colpo di pistola sparatogli alla testa da un altro neonazista.

Ma la Germania ha dimostrato, nel tempo, di avere le risorse per riprendere il suo ruolo. Negli anni, anche grazie alla stessa Merkel, ha riscattato il buio passato con una vocazione di pace. E la sua crisi di oggi potrà essere superata in chiave europea.

L’Europa ha bisogno della Germania, ma è soprattutto la Germania che ha bisogno dell’Europa.

Fabio Morabito

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