Da “piove, governo ladro” a “piove, Europa furfante!”

Considerazioni in libertà sull’Unione, che ha la virtù di essere nata nella pace

di Alessandro Butticé
Il dibattito a volte un po’ troppo acceso, e non sempre basato su una corretta informazione, cui si assiste sempre più spesso di questi tempi soprattutto in Italia, anche se non solo, mi ha spinto recentemente ad alcune pubblica considerazione.
La prima è che, mentre sino a qualche tempo fa si era soliti sentir dire: “piove, governo ladro!”, oggi la calamita delle imprecazioni è diventata l’Europa. “Piove, Europa furfante!”, si sente spesso dire, per usare uno dei meno grevi eufemismi che si possono leggere o ascoltare, soprattutto sui social.
Il capro espiatorio è cambiato, ma sembra che l’attitudine sia rimasta la stessa. Dimenticandosi sempre che il Governo, o meglio lo Stato, che quel governo rappresenta, siamo un po’ tutti noi, che eleggiamo i nostri rappresentanti. Così siamo anche noi l’Europa, con i suoi e nostri pregi, e i suoi e i nostri difetti. Un’Europa che deve sicuramente essere migliorata, modificata, anche cambiata. Se vuole fare fronte alle nuove emergenze, alcune epocali, dei nostri tempi. Ma che non si deve mai rischiare di gettare come il bambino assieme all’acqua sporca. Perché quel bambino siamo tutti noi. E l’Europa è la nostra casa. Una casa senza la quale, o fuori della quale, il nostro Paese (e tutti gli altri Sati membri dell’UE, compresa la grande piccola Germania), sarebbe destinato all’insignificanza. Basta guardare le dimensioni e la posizione dell’Italia su una carta geografica. E confrontarla con i giganti geografici, economici, demografici e militari extraeuropei, con i quali dobbiamo e dovremo ancora a lungo fare i conti.
Ritorneremo spesso su questo tema. Perché è alla base degli obiettivi editoriali di Più Europei: fornire ai propri lettori un’informazione il più possibile obiettiva e chiara, critica, quando necessario, ma sempre indipendente, su quello che l’UE fa, non fa, non può fare, e anche quello che potrebbe e dovrebbe fare e non fa per i cittadini europei.
Il recente corso di formazione per giornalisti, organizzato a Bruxelles il 18 marzo dall’Associazione PIUE, dal GUS, dalla Regione Toscana e dalla Sezione di Bruxelles-Unione Europea dell’ANFI (l’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia), mi ha dato l’occasione per fare una seconda considerazione, con alcuni parallelismi tra la storia dell’Unità d’Italia e quella, ancora lontano dall’essere compiuta, della costruzione europea.
Lo spunto mi è stato dato dalla presentazione, da parte da parte del Generale Pierpaolo Rossi, Vicepresidente della Sezione ANFI di Bruxelles-UE, che ho costituito e presiedo dal 2014, di una recente pubblicazione, opera del Maggiore Gerardo Severino (Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza) dal titolo “Fiamme Gialle in Garfagnana”. Un libro che tratta dell’opera dei finanzieri a Castelnuovo di Garfagnana in due secoli di storia italiana. Quelli che vanno dal 1796 al 2016, per la precisione.
L’intervento del collega e amico Pierpaolo Rossi, che assieme a me è stato uno dei primi pionieri della Guardia di Finanza in Europa, è stato preceduto e seguito dai contributi di due dirigenti della regione Toscana (che ha ospitato l’evento) in Garfagnana: Giovannelli e Pinagli.
La presentazione di quest’opera, sulla Garfagnana, terra di confini preunitari, mi ha dato l’occasione di ricordare che la Guardia di Finanza, che il prossimo 21 giugno festeggerà il 245° anniversario della sua fondazione, trae le proprie origini dalla Legione Truppe Leggere del Regno di Sardegna. Ma le sue radici storiche e tradizioni affondano anche in tutti gli altri Corpi di finanza preunitari, che sono poi confluiti, dopo il 1861, nel Corpo delle Guardie Doganali del neonato Regno d’Italia. Che cambiò poi il nome in Corpo della Regia Guardia di Finanza, con la funzione di «…impedire, reprimere e denunciare il contrabbando e qualsiasi contravvenzione e trasgressione alla leggi e ai regolamenti di finanza…», di tutelare gli interessi dell’Amministrazione finanziaria e concorrere alla difesa dell’ordine e della sicurezza pubblica.
La storia della Guardia di Finanza, quindi, ha accompagnato la storia della creazione dell’Unità d’Italia. Un’Italia prima divisa in diversi Stati sovrani, spesso in guerra tra loro. Le frontiere dei quali erano appunto sorvegliate dai Finanzieri dei diversi corpi di Finanza nazionali, che a volte non parlavano neppure la stessa lingua, i cui stipendi venivano pagati con monete diverse, e che tutelavano bilanci e finanze nazionali assolutamente indipendenti tra loro.
Ecco quindi la mia seconda considerazione: la storia della costruzione dell’Unità d’Italia non ci fa vedere, almeno in parte, molte analogie con quelle della tutta ancora da compiere costruzione europea?
E se l’Italia, con tutti i imiti che pur conosciamo, è riuscita ad unire, nella lunga penisola italiana, popoli con lingue, tradizioni, economie e culture così diverse tra loro, non possiamo sperare di riuscire un giorno a farlo anche nella nostra amata (e oggi da alcuni persino odiata) Europa?
Senza mai dimenticarci però che, nella storia dell’umanità, tutte le altre unioni di stati (in forma confederale o federale che si voglia) sono state il frutto di conflitti e dell’imposizione di una bandiera e di una legge (quella del Regno di Sardegna, nel caso italiano) sugli altri. Al prezzo di molto sangue.
La costruzione europea, al contrario, seppur con tantissimi limiti e complicati meccanismi che dovrebbero essere superati, è una costruzione sovranazionale fondata invece sulla pace, e basata sul consenso, sulla democrazia, sulla legalità e la tutela delle diversità nazionali. Ed è necessariamente più lenta e più complessa di quella che può essere il risultato di un’invasione o di una annessione di stati, manu militari, con l’imposizione di lingua, leggi e moneta, da parte di quello vincitore o dominante.
Nei miei oltre ventotto anni di servizio presso la Commissione Europea, principalmente presso i suoi servizi antifrode, a tutela del bilancio e delle finanze dell’Unione, ho pensato spesso a questo parallelismo tra storia dell’Unità d’Italia, e dei corpi di finanza preunitari, da un lato, e quello della costruzione europea e dei suoi servizi antifrode e anti-crimine, dall’altro.Arrivato a Bruxelles nel 1990, quale primo finanziere, ma anche primo militare e appartenente alle forze di polizia del nostro paese, distaccato presso la Commissione Europea, ho avuto il privilegio e l’onore, assieme ad alcuni valorosi colleghi, assieme ai quali ho costituito, nel 2014, la nostra sezione ANFI tra i diversi che poi mi hanno seguito -, di ribaltare l’immagine che prima aveva il nostro Paese in Europa. E soprattutto a Bruxelles.
Non è un segreto che l’UCLAF, il servizio antifrode che esisteva prima della creazione dell’OLAF, l’Ufficio Europeo per la Lotta alla Frode, di cui sono stato per quasi un decennio portavoce e capo della comunicazione, era stato creato prevalentemente per tenere d’occhio paesi come l’Italia, seguita dalla Grecia (considerata però meno pericolosa, a causa delle più ridotte dimensioni).
Paesi che, alla fine degli Anni Ottanta, agli occhi della Signora Tatcher, che al grido di “I want my money back”, introduceva la politica del “giusto ritorno” a favore dei cittadini britannici, erano patria di frodatori e criminali che succhiavano le finanze comunitarie, attraverso indebite e fraudolente percezioni di aiuti agricoli e alle politiche regionali, depredando i contributi pagati con le tasse degli onesti cittadini britannici.
In qualche anno, non senza molti sforzi, devo dire, e a volte persino contro corrente, e contro la cattiva volontà o interessi contrastanti di altri,
in certi casi persino di connazionali, siamo riusciti, se non a ribaltare completamente, almeno a riequilibrare questa errata percezione e molti stereotipi che esistevano in materia.
E questo è stato soprattutto merito della Guardia di Finanza (mi riferisco a quella in Italia, oltre a quella a Bruxelles) e delle altre forze di polizia che, assieme al sistema investigativo giudiziario, adeguatamente comunicato, ha portato oggi l’Italia ad essere un paese virtuoso nella tutela delle finanze dell’UE, spesso preso persino ad esempio sia dalla Commissione che dal Parlamento Europei, e non più la pecora nera delle frodi al bilancio europeo.
E questo perché, anche attraverso un’incisiva azione di informazione e comunicazione, è stato provato con i fatti, e spiegato al pubblico, che dispone di mezzi e strumenti investigativi che altri paesi neppure si sognano.
E anche questo va detto e ricordato. Perché sono cose che devono essere conosciute. Da tutti i cittadini. Ma anche e soprattutto dai giornalisti che, seppure in dilagante epoca di informazione web e social, restano (e spero resteranno sempre) un pilastro fondamentale dell’Informazione con la I maiuscola, a baluardo e difesa dell’opinione pubblica da una delle peggiori minacce incombenti del nostro secolo: le fake news.
Sono fiero del fatto che la Sezione ANFI di Bruxelles-Unione Europea e l’Associazione PIUE, sono costituite da persone che, come me, che sono stato tra i fondatori, non temono definirsi tutti Patrioti italiani e europei. Un binomio che non ha nulla a che fare con il nazionalismo, che vorrebbe dire rimettere pericolosamente indietro le lancette della storia. E che per me è indissolubile. Un binomio che, anche attraverso una paziente opera d’informazione, necessita essere spiegato a tutti, dentro e fuori le istituzioni, dentro e fuori gli ambiti professionali che rappresentiamo. Siano essi quelli degli appartenenti alla Guardia di Finanza e alle altre forze di polizia e for

ze armate italiane, che quello del giornalismo e dei comunicatori.
Non è infatti un caso che, nei loghi e nelle denominazioni della sezione ANFI di BruxellesUnione Europea e dell’Associazione PIUE, è fatto esplicito riferimento non solo al nome ma anche alla bandiera dell’Unione Europea. Per ricordarci che l’Italia e l’Europa sono le nostre due Patrie, e che le loro bandiere sono le nostre bandiere. E che se piove, non è necessariamente colpa né del Governo, né dell’Europa. E che solo passando dalle spesso troppo generiche e spesso urlate proteste, a delle concrete e realizzabili proposte, potremo forse proteggerci adeguatamente dalla pioggia.

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