Macron, usa Leonardo e torna il sereno con Roma

di Monica Frida
Non c’è dubbio che abbia avuto abilità Emmanuel Macron, il presidente francese, nel risolvere a suo beneficio la crisi diplomatica con il governo italiano. Dopo aver richiamato in patria l’ambasciatore a Roma
Christian Masset, decisione che aveva un precedente tragico di quasi ottant’anni prima (la dichiarazione di guerra dell’Italia fascista alla Francia), c’era il rischio concreto di una crisi non più recuperabile tra i due Paesi. E invece Macron, in tre mosse, ha riportato la situazione a suo favore.
La prima è stata una telefonata conciliante al Quirinale. Un peana sull’amicizia tra i due Paesi e il loro ruolo essenziale per l’Europa. Chi ha telefonato a chi? Nel comunicato dell’Eliseo (il Quirinale si è astenuto dall’esprimersi, che è un buon messaggio diplomatico perché sdrammatizza il contesto) si parla di una telefonata, ma non si dici di chi a chi. Di Macron ormai si conosce l’arroganza, e sembrava improbabile che fosse stato lui a fare il gesto, considerando anche la fibrillazione in Italia, con due protagonisti “incendiari” nei rapporti con la Francia (i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, rispettivamente capi politici delle due forze al governo) due “pompieri” (il ministro degli Esteri Enzo Moavero, fino a Mattarella) e il primo ministro Giuseppe Conte in una posizione giocoforza più bloccata. Conte infatti non poteva sconfessare i due soci di governo, che pure avevano attaccato la Francia su ogni fronte, considerando il successivo sgarbo di Macron che ha richiamato Masset.
Quello che si scopre ora invece è che naturalmente dopo un impegnativo lavoro diplomatico è stato Macron a chiamare Mattarella. Lo ha detto lo stesso presidente francese parlando con Fabio Fazio, il conduttore di un programma di intrattenimento della domenica sera “Che tempo che fa”. Domande e risposte, ma non una vera e propria intervista: è priva infatti di contraddittorio, e nei resoconti del giorno dopo c’è chi si diverte a contare quante volte Fazio che peraltro non è giornalista annuisce con la testa.
Fazio va all’Eliseo con il microfono aperto a un Macron conciliante, pieno di buoni sentimenti verso l’Italia, e che gira con abilità le vie moderne alla diplomazia. Neanche nomina Salvini e Di Maio. Ma prima di questa intervista, Macron aveva giocato la sua seconda mossa: aveva invitato Sergio Mattarella a Parigi in visita di Stato. Quando? Ancora non si sapeva. Con Fazio, è il terzo atto. E Macron svela in che occasione e quando avrà ospite Mattarella. Si era discusso in Italia quando sarebbe avvenuta questa visita, se prima o dopo le elezioni europee. Ora si sa che avverrà prima, circostanza certo favorevole per il presidente francese, ma l’abilità di Macron è stata anche nella scelta della data. Il 2 maggio, cioè il giorno dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo, occasione che darà il via a celebrazioni imponenti. Ma Leonardo, il più grande genio di tutti i tempi, artista poliedrico sommo nell’arte come nella scienza e nella tecnica, non è italiano? Sì, è italiano, ma è morto in Francia, e la Francia dove al Louvre di Parigi è in mostra il quadro più famoso del mondo e da lui dipinto, la Gioconda si sa quanto vorrebbe “francesizzare” Leonardo.
Con Fazio, Macron ha modo di dilungarsi sui legami con l’Italia, anche personali (a cominciare dalla sua ammirazione per Napoli e per Edoardo De Filippo, autore della commedia che fu l’occasione per conoscere la sua futura moglie Brigitte). Tra la Francia e l’Italia, dice Macron “c’è questo amore, questo fascino, questo rispetto reciproco che è più forte di noi”. E allora, il richiamo dell’ambasciatore? “Le peripezie più recenti non sono per quanto mi riguarda gravi. Bisogna andare oltre”. E ancora: “Abbiamo dimenticato che bisogna cercare di capirsi”. Peripezie ma ma anche “malintesi, che per me sono secondari”. C’è perfino un passaggio in cui Macron, nel definire l’Italia “un paese fatto di aperture”, e si riferisce ai migranti, dice che “l’Europa è responsabile di questa situazione” di insofferenza, perché “non ha saputo ascoltare”. E ancora: “Non c’è stata abbastanza solidarietà” verso l’Italia, paese geografica-
mente esposto al fenomeno delle migrazioni via mare, ma aggiunge che Francia e Germania sono i due Paesi che hanno accolto il maggior numero di richiedenti asilo.
E poi c’è l’Europa. “Non c’è un’avventura europea se non c’è un’intesa tra i nostri due Paesi”. Anche qui parole di miele per Roma: “L’Europa è stata sognata in Italia durante la Seconda guerra mondiale nel momento delle tenebre”. E ricorda Altiero Spinelli.
Macron è stato abile, e se in patria è già da tempo in crisi di consensi, in politica estera mostra spregiudicatezza e retorica. E con queste tre mosse ha ottenuto due obbiettivi importanti. Il primo, dare un messaggio chiaro: c’è un’Italia “buona” (impersonificata da Mattarella) e un’Italia indicata come antieuropeista e populista, che ora è al governo.Naturalmente, è un messaggio strumentale. Ma efficace. Il secondo obbiettivo è quello di disinnescare la costante aggressione verbale di Di Maio e Salvini,
che infatti si è interrotta.
In questi giorni di “franco coloniale” (la valuta controllata da Parigi e ancora adottata da 14 Paesi africani) ha parlato solo Giorgia Meloni, che guida il partito Fratelli d’Italia, che non è al governo. La campagna elettorale per le Europee è lunga, ed è difficile che questa tregua duri altri due mesi abbondanti, il tempo che manca al voto.
Ma per ora Macron ha bagnato le micce con il suo bacio all’Italia.

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